lunedì 11 febbraio 2019

3 marzo. Il colore dell’acqua era veramente strano: la colorazione si era rapidamente alterata; aveva perduto tutta la trasparenza per prendere la tinta e la consistenza del latte. Nelle nostre immediate vicinanze il mare normalmente era calmo e la nostra imbarcazione non correva alcun pericolo. Spesso però vedevamo alla nostra destra o a sinistra, più o meno lontane, delle improvvise increspature della superficie e notammo che erano sempre precedute da strane ondulazioni del mare nella regione a sud. 4 marzo. Quel giorno, visto che il vento da nord calava sensibilmente, tolsi dalla tasca un fazzoletto bianco per aumentare la superficie esposta al vento. Nu-mu era seduto al mio fianco e, come il fazzoletto gli sfiorò il viso, ebbe delle convulsioni violente. A queste crisi seguirono una profonda depressione e torpore, e sempre il grido soffocato: «Tekeli! Tekeli! ».
5 marzo. Il vento è cessato del tutto, ma siamo sempre trascinati verso il sud da una forte corrente. A dire il vero, avevamo tutte le ragioni per essere allarmati dalla piega degli avvenimenti, eppure niente ci turbava; il viso di Peters non tradiva alcun timore e solamente in certi momenti assumeva un’espressione che non saprei definire. L’inverno polare si avvicinava, ma non sembrava così terribile, e io mi sentivo come intorpidito nel corpo e nella mente, in una sensibilità di sogno, e ciò era tutto!
 6 marzo. Il vapore grigio si era alzato di più gradi al di sopra dell’orizzonte e la colorazione grigiastra spariva a poco a poco. L’acqua era molto calda, quasi bruciava a toccarla e il colore era lattiginoso. Quel giorno, improvvisamente, l’acqua si agitò vicino alla piroga e, come sempre, il fenomeno coincise con una particolare fiammata alla sommità della cortina di vapore e con uno strappo leggero alla sua base; quando il vapore si arrestò e il mare si calmò una fine polvere bianca cadde sulla piroga e su un esteso braccio di mare. Nu-mu crollò allora sul fondo dell’imbarcazione, nascondendo il viso tra le mani e niente poté deciderlo ad alzarsi.
 7 marzo. Abbiamo interrogato Nu-mu sul motivo che aveva spinto la sua tribù a massacrare i nostri compagni, ma era troppo terrorizzato per risponderci in modo ragionevole; rimaneva steso in fondo all’imbarcazione e di fronte alle nostre insistenze nel porgli la domanda, faceva gesti strani, come sollevare il labbro superiore coll’indice per scoprire i denti. Erano neri ed era la prima volta che osservavamo i denti di un indigeno di Tsalal.
8 marzo. Uno di quegli animali bianchi che, al suo apparire nella baia di Tsalal, aveva causato un’emozione così forte fra i selvaggi, nuotava a fianco della nostra piroga. Ho pensato per un momento di catturarlo ma poi, preso da un improvviso timore, ho lasciato perdere. Il calore dell’acqua andava sempre crescendo, non si poteva resistere a lungo immergendo la mano. Peters non apriva bocca e non sapevo spiegarmi la sua apatia. Guardai Nu-mu: respirava appena.
9 marzo. Intorno a noi è caduta continuamente una pioggia di cenere in grande quantità; il nastro di vapore al sud si è alzato in cielo in modo prodigioso e comincia ad assumere una forma ben definita. Non saprei trovare definizione migliore che paragonandola a un’infinita cataratta, che rotola silenziosa in mare da un lontanissimo bastione. La gigantesca copriva in tutta la sua estensione l’orizzonte a sud
21 marzo. Le tenebre incombevano su di noi, ma dall’oceano color latte si alzava un raggio di luce che sembrava sfiorare i bordi dell’imbarcazione. Eravamo quasi sepolti da quella valanga di cenere bianca che si ammonticchiava sempre più sulla piroga, ma che fondeva al contatto dell’acqua. Il fondo della cateratta era inghiottito dalle tenebre in lontananza, tuttavia ci avvicinavamo a essa con una spaventosa velocità. A momenti vi si potevano distinguere come degli enormi strappi momentanei, e attraverso questi strappi si vedevano agitarsi immagini fuggevoli e nebulose; vi convergevano, venti possenti, ma silenziosi, il cui volo fendeva l’oceano incendiato.
22 marzo. Le tenebre si erano fatte ancora più opache, attenuate solamente dalla luce delle acque che si tevano nella cortina bianca che si spiegava davanti a noi. Intanto, delle vere orde di uccelli giganteschi, di un bianco livido, volavano continuamente dietro la nostra strana vela e il grido che lanciavano, sfuggendo ai nostri occhi, era l’eterno ritornello: «Tekeli-li!». Nu-mu ha fatto uno strano movimento in fondo all’imbarcazione e, toccandolo, abbiamo capito che non era più nel mondo dei vivi. E allora siamo accorsi nell’abbraccio della cataratta, in cui si era aperto una fenditura, quasi per inghiottirci. Ma nel nostro cammino si levò a un tratto una figura umana, ricoperta da un velo e molto più grande del comune. E il colore della pelle dello strano fantasma era il bianco perfetto della neve.



Edgar Allan Poe - Le avventure di Gordon Pym

https://www.youtube.com/watch?v=FHsip5xOenQ



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