giovedì 7 gennaio 2016

 Volevo immergermi in ciò che sembrava all’ultima moda: hippy, psichedelica. Happening. Anfe, fumo. Trascorrevo le mie giornate in un locale, il Fugetsudo, in mezzo a persone che si definivano scrittori oppure autori drammatici, e a sedicenti poeti erranti. Tra esistenzialisti e pseudoricercatori  appassionati di Jean-Paul Sartre. Accanto a cameraman d’avanguardia, a disegnatori, a creativi della pubblicità, a cineasti… mischiato a questa fauna anch’io mi adeguavo al cazzeggio.
Negli intervalli, lavoravo in un jazz bar di Shinjuku, il Villane Gate; la notte mi presentavo dagli amici dei miei compagni fancazzisti e mi facevo invitare a stare con loro, vivendo come un parassita.
Proprio a quell’epoca, precisamente, le rivolte studentesche contro il trattato di sicurezza nippo-americano erano praticamente finite e chi non aveva nessun progetto per il futuro vagava senza meta nel quartiere di Shinjuku, alla ricerca di gente con cui far passare il tempo. Quei fancazzisti timorosi della solitudine si riunivano quasi ogni giorno al Fugetsudo, imponendo ai clienti interminabili discussioni sulle loro teorie teatrali, cinematografiche o artistiche.
Più li ascoltavo, meno riuscivo a sentirmi vicino a ciò che dicevano e le loro parole risuonavano nelle mie orecchie come menzogne.
Per quanta scena facessero e per quanto si dessero un tono mentre smerciavano i loro discorsi erano tutti contapalle matricolati e finti fancazzisti, i quali, una volta tornati a casa, ritrovavano curiosamente dei genitori onorevoli, una famiglia a posto. (dal libro Asakusa Kid di Takeshi Kitano)
 



0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page