lunedì 8 giugno 2020

Via Lomellina, in arte via Lomella, era considerata subito dopo la guerra era considerata subito dopo la guerra una zona poco raccomandabile della raccomandatissima città di Milano, città che io amo perché mi ha fatto conoscere il mondo fin da bambino, ma soprattutto perché trovasi a 600 chilometri circa da Roma, posto troppo importante per essere vero.

Via Lomellina dunque, dicevano ci fosse un po’ di teppa, e la voce, a quei tempi, fece il giro del mondo. L’hanno saputo anche i tedeschi e gli americani, i quali da quei puritani che sono hanno pensato bene di bombardarla un po’, con la scusa che vicino a Via Lomellina c’era la ferrovia e c’erano delle baracche. Le baracche erano vere, autentiche, non come quelle che servono agli svizzeri per pubblicizzare i formaggini e che chiamano chalet.

Le baracche di via Lomellina facevano proprio miseria, tanto che un giorno Cesare Zavattini e Vittorio De Sica, sempre a caccia di cose barbonesche, dissero: “guarda che baracche ci sono qui, chissà al cinema come vengono bene”. Fecero Miracolo a Milano e il film girò il mondo fra grandi applausi. Chi ci rimase male fu il Comune di Milano: così, dopo i bombardamenti dei tedeschi e degli americani, il Comune di Milano rase al suolo questa povera via Lomellina, che poi in fondo nella sua miseria non era nemmeno tanto brutta, almeno fino a quando quelli che abitavano le baracche con la banale scusa che avevano freddo, un bel giorno, anzi una bella notte, tagliarono tutte le piante.

Una mattina gli abitanti di Via Lomellina non trovarono più le loro piante e chiesero spiegazioni, ma senza tirare in ballo l’ecologia o Italia Nostra, perché di quei tempi la parola ecologia non era stata inventata, e l’Italia era più loro che nostra… Adesso Via Lomellina è tutta cambiata, non ci sono più bombardamenti da un po’ di tempo in qua e allora la gente ha potuto mettersi su un po’ in grazia di Dio, tanto è vero che ci sono perfino i supermercati, i parrucchieri per uomo e signora (le scuole no, quelle non ci sono ancora), boutiques come se piovesse.

Al posto del carbonaio di una volta c’è la boutique con la moquette, il suo telefono con il quale si può telefonare in tutta Milano, il mobile bar in modo che quando uno può comprare una camicia si può avere il wisky gratis, nel senso che la camicia che costa diecimila gliela fanno pagare quindici. Insomma è diventata una via di signori, tanto che se uno almeno una volta al mese non va in giro con la carta della boutique, fa la figura del “barba”.

L’importante, oggi in Via Lomellina, è avere questa benedetta carta della boutique, non importa se poi ci avvolgi un etto di Bologna, leggi mortadella. Qualcosa di vecchio è comunque rimasto. Roba di trent’anni fa, come una lattaia chiamata “radames discolpa” che continua a vendere latte in polvere, un vetraio quasi disoccupato, perché dopo la fine della guerra i vetri si rompono raramente; un paio di osterie con i becchetti bianchi, rossi e verdi, i quali non hanno però nulla a che fare col resto d’Italia; 5-6000 bambini che non sanno dove andare a scuola e che sono sempre a casa mia. Un bar dove si gioca a ramino con un linguaggio particolare; un signore anziano che di mestiere va a vestire i morti e va in giro che sembra Lord Brummel…. Tutta gente che ha passato la vita da queste parti, che ha visto la guerra da vicino, e che se incontra De Sica o Zavattini gli fa una faccia così…”



Beppe Viola


https://storiedicalcio.altervista.org/blog/beppe_viola.html



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