GALLEGGIANDO
Impigrisce la nostra canoa sulla pigra corrente
tra rampicanti e alberi e giunchi sull’acqua
stagnante di un torpido fiume del Midwest;
girando lenta su se stessa s’impiglia nelle ninfee
abbondanti. Siamo stanchi di pagaiare.
L’intero pomeriggio a risalire la debole corrente,
per oscuri meandri, su, tra pascoli e boschi;
oltre guadi fangosi dove il forte odore di bestiame
scivolava denso sull’acqua; cantando canzoni
di movimenti perfetti e regolari: canzoni
da sci, canzoni da raduno notturno, d’argano
in moto, dell’argine e del rollio dei barcaioli.
Stanchi del movimento e dei suoi ritmi,
stanchi del dolce gioco nell’unione delle forze,
ci abbracciamo distesi lasciando che palpi
di ninfea, petali e foglie trattengano il moto
nel caldo che s’addensa, nell’aria sonnolenta.
Canta per me a bassa voce, Westron Wynde,
Ah Syghes, mon coeur se recommend à vous,
Phoebi Claro; canta le erratiche melodie erotiche
d’uomini e donne di settecento anni fa,
piano, con la bocca chiusa sulla mia guancia.
Lascia le nostre cosce impigliarsi nei cuscini,
lascia che i tuoi seni nella veste sottile
pendano sulle mie braccia nude, sulla gola;
che i capelli profumati ci scendano sugli occhi;
baciami con quelle sottili labbra melodiose.
Mentre ti spoglio hai pupille umide e nere,
enormi, e la pelle fresca, d’avorio.
Muoviti cauta, muoviti appena, apri le cosce,
prendimi piano mentre le labbra annaspano
e ci succhiamo la gola dove ronza il sangue.
Muoviti piano, no, non muoverti, tienimi in fondo
a te, ferma, nel profondo, mentre il tempo
scivola via come il fiume oltre il letto dei gigli
e questi momenti rubati scompaiono, fusi
nella nostra carne mortale e senza tempo.
Kenneth Rexroth
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