giovedì 16 settembre 2021

 


Nel 1967 il nostro paese celebrava un importante anniversario: il cinquantenario della grande Rivoluzione d'Ottobre. I cittadini socialisti qualunque che vivevano nella società reale non avevano molte ragioni per essere orgogliosi del proprio paese e dell'ordine che vi regnava sovrano. Quell'ordine creava una serie di problemi: il problema delle salsicce, il problema dello zucchero, il problema del burro e innumerevoli altri problemi che ai loro occhi rendevano l'Unione Sovietica poco attraente. Agli occhi di un romantico, invece, la realtà aveva un mucchio di aspetti positivi. Nel balletto infatti eravamo i numeri uno. Nessuna ballerina al mondo sapeva saltare bene come le nostre. Anche la costruzione della più grande centrale nucleare era stata possibile solo in Unione Sovietica, ed eravamo stati noi i primi a spedire un uomo nello spazio.

Il primo cane, il primo uomo, il primo razzo. Tutti impressionanti risultati e straordinarie conquiste raggiunti grazie alla grande Rivoluzione d'Ottobre. Era appunto quanto si festeggiava nell'anniversario del 1967. Giornali, trasmissioni televisive, programmi radiofonici, assemblee di fabbrica non facevano che riportare quei successi e le fulgide prospettive per il futuro. La gente stava a sentire ed era in tutto e per tutto grata alla grande Rivoluzione d'Ottobre. Grata per la danza e grata per Jurij Gagarin, il cui libro La vista di lassù secondo i piani sarebbe dovuto uscire per i festeggiamenti dell'anniversario. Sulla - Literaturnaja Gazeta - erano state pubblicate alcune anticipazioni dell'opera di Gagarin. Il cosmonauta vi raccontava quanto, di lassù, l'Unione Sovietica fosse magnifica: i fiumi blu, le montagne innevate e le foreste verdi e ubertose. Ma Gagarin si era permesso anche qualche annotazione critica: - Molti fiumi ancora aspettano un ponte, molte steppe ancora devono essere coltivate, molti piccoli villaggi ancora non hanno l'elettricità. Abbiamo ancora parecchio da fare -.

In quel momento due cagnette, Bel'ka e Strel'ka, vorticavano insensatamente attorno alla Terra da ormai sette anni insieme alla loro capsula, che era stata sparata nel cosmo prima di Gagarin. Ufficialmente le avevano dichiarate morte, e del resto non avevano mai previsto di far rientrare sulla Terra la loro capsula. Nell'insediamento aerospaziale Città delle Stelle, vicino a Mosca, avevano però costruito un piccolo museo che ospitava alcuni souvenir di Bel'ka e Strel'ka, i cui nomi, tradotti, più o meno vogliono dire - scoiattolina - e - freccina -.

Tutti i giovani pionieri che per i loro meriti scolastici venivano premiati con una visita alla Città delle Stelle potevano ammirarvi il collare di Scoiattolina e la museruola di Freccina, con tanto di foto di entrambe. Le cagnette avevano condotto un'esistenza modesta e non avevano posseduto molto di più. La maggior parte dei giovani pionieri del resto non si interessava tanto al museo quanto al negozio di alimentari dell'insediamento aerospaziale, in cui già allora si potevano acquistare cose piuttosto fuori dell'ordinario, come per esempio lunghe sigarette More. Stando a quanto asserivano i cosmonauti, tra cui lo stesso Gagarin, le eroiche Bel'ka e Strel'ka però erano ancora vive. Si raccontava che Gagarin in una conversazione privata avesse ammesso di aver visto dall'oblò del suo razzo la capsula delle cagnette e di aver sentito abbaiare forte nell'universo. La cosa non era durata che pochi secondi, poi la capsula era sfrecciata via lontano da Gagarin e i latrati si erano dissolti nel nulla.

A scanso di ulteriori - fraintendimenti -, nel 1967 la capsula delle cagnette venne distrutta una volta per tutte. Proprio in quel periodo, a quanto pareva senza motivo, Gagarin incominciò a bere, e non poté più concentrarsi sul suo libro La vista di lasso, che a dire il vero avrebbe dovuto già esser finito da un pezzo. Ai suoi colleghi cosmonauti Gagarin raccontava che l'universo era un buco nero, che la Terra sembrava una zucca marcia e che di lassù l'Unione Sovietica non si riusciva nemmeno a distinguerla. E così la sua opera letteraria rimase per sempre incompiuta. Gagarin venne sospeso dal servizio e per la frustrazione si mise a fare giri insensati con il piccolo aeroplano che gli aveva regalato Chruscev. Volava tra le nuvole cercando la morte, finché nel 1968, finalmente, precipitò. In seguito gli dedicarono una valle sulla Luna, che peraltro si trova nella parte in ombra del satellite e dalla Terra non è mai visibile. Inoltre ribattezzarono una cittadina con il suo nome. Ma era una cittadina molto piccola, senza collegamento ferroviario e senza aeroporto: insomma, più che altro un paese. Poco prima della morte di Gagarin, nacqui io.

Per venire a prendere mia madre e me all'ospedale Grauermann, mio padre usò un taxi. L'ospedale si trovava sul Kalinin Prospekt, nel centro della capitale, lì dove ora ci sono una farmacia, una cassa di risparmio e un salone di bellezza.

- Svolti qui a destra - disse mio padre al tassista quando la vettura raggiunse il Kalinin Prospekt.

- Non posso - obiettò l'autista. - E tutto chiuso per le celebrazioni. Non si può svoltare da nessuna parte: dobbiamo andare dritto. -

- Ma io devo andare all'ospedale Grauermann a prendere mio figlio, che e appena nato - spiegò mio padre.

- In un giorno così importante? Congratulazioni! Dovrebbe chiamarlo Ottobrino, o qualcosa del genere. Però non posso svoltare lo stesso - ribatté il tassista.

- E va bene. - Mio padre tirò fuori il portafoglio dalla tasca dei calzoni e gli diede venticinque rubli. L'auto tracciò immediatamente un'ampia curva nel bel mezzo del Prospekt e andò a fermarsi dritto dritto sul marciapiede davanti all'ospedale.

- Certo che avete una bella faccia tosta - si sorprese un grasso vigile urbano che se ne stava proprio lì accanto. Anche lui ricevette venticinque rubli. Esattamente la stessa cifra che mio padre rifilò al portiere dell'ospedale perché lo lasciasse entrare e all'infermiera che mi consegnò a lui e alla tizia del reparto amministrativo perché mi registrasse in fretta. Così facendo mio padre spese in ospedale lo stipendio di un mese. In compenso ora aveva me, e così poté riportarci tutti a casa a bordo dello stesso taxi. C'erano poliziotti dappertutto, e a ogni angolo erano appese grandi bandiere rosse.

All'epoca naturalmente io non potevo vederle. Ero appena nato, e giacevo sul sedile posteriore di una vecchia Volga avvolto fin sopra la testa in una calda coperta bianca.






Wladimir Kaminer

 


Militarmusik


https://youtu.be/PfHxsjH0bUI




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