martedì 18 luglio 2023

 Aloe vera

A poche centinaia di metri da casa di Barigazzi, al Bar Bulgarelli, vicino alla rotonda Bernardini, un signore un po’ grosso, sui settant’anni, con le orecchie grandi e pelose che hanno certi uomini anziani che non hanno nessuna confidenza con il concetto della depilazione, e coi capelli bianchi e un montgomery blu che aspirava all’eleganza senza arrivarci del tutto, era appoggiato col gomito sinistro al bancone del Bar Bulgarelli; vicino al gomito c’era una tazzina vuota di caffè decaffeinato, e il signore parlava agitando la mano destra che era una mano di una grandezza che sembrava un badile.

Non si capiva, a chi si rivolgesse: se fosse stato vestito diversamente, e se invece che al Bar Bulgarelli si fosse trovato in un ambiente più austero, si sarebbe potuto pensare che fosse un avvocato che perorava la causa del proprio cliente con la finta passione che anni e anni di pratica della sua professione gli avrebbero insegnato a mettere in scena, ma l’abbigliamento, l’ambiente e l’argomento della sua arringa erano in contrasto con la foga del discorso e con lo sbadilare che l’accompagnava.

«L’altro giorno» diceva quel signore, che si chiamava, bisogna dire, Gianni Lamborghini, «ero in via Indipendenza per un affare, son passato davanti a un negozio, una profumeria, e ho visto che c’era scritto, in grosso, ‘Aloe vera’».

Qui Lamborghini aveva fatto una pausa, come per fare assorbire al suo uditorio questa prima parte del discorso, poi aveva ripreso.

«Che è una cosa, non c’è niente di straordinario, è normale, vederla scritta e sentirla dire, talmente normale che se uno vede scritto ‘Aloe’, da qualche parte, nella sua testa, gli viene da aggiungere: ‘Vera’. Se c’è un’aloe, mi viene da dire, è vera» aveva detto Lamborghini.

«Che però, se quella lì è vera» aveva detto poi dopo, «se vantano la verità di quell’aloe, vuol dire che ce n’è anche di finta, di aloe. Se no basterebbe dire ‘Aloe’. Ma non dicono ‘Aloe’, dicono ‘Aloe vera’. Allora vuol dire che ce n’è anche di finta. Se no bastava dire ‘Aloe’».

Altra pausa significativa.

«E dopo» aveva ripreso, «son tornato a casa, mi son messo a sentire la radio, c’era uno che diceva che il suo governo era il governo del cambiamento, che è un po’ uguale, no? Se c’è un governo, è del cambiamento, ci avete pensato?» aveva detto Lamborghini rivolto al suo uditorio che era composto da tre persone, che stavan tutte lì al bancone e era un uditorio particolare perché nessuna di loro lo stava ascoltando.

Due erano due agenti immobiliari, vestiti da agenti immobiliari, che stavano prendendo un caffè senza dir niente forse perché eran degli anni che, tra di loro, parlavano della crisi immobiliare e non ne potevan più, di parlare della crisi immobiliare, preferivano prendere un caffè in silenzio e pensarci soltanto, alla crisi immobiliare, che pensare alla crisi immobiliare senza parlarne la faceva sembrare un po’ meno critica, forse.

L’altra era la barista, che si chiamava Marzia, e aveva una canottiera nera, di quelle da barista, e pensava che aveva ancora un’ora di turno e che poi forse quella sera sarebbe uscita con uno ma che quello lì non l’aveva ancora chiamata.

‘Ma quella testa di cazzo, perché non mi ha ancora chiamata?’ si chiedeva Marzia nella sua testa invece di ascoltar Lamborghini.

«Eppure» aveva continuato Lamborghini con un’ammirevole mancanza di interesse per il disinteresse che lo circondava, «sarebbe possibile anche sentire qualcuno che si proponesse di fare un governo che il suo programma fosse lasciare le cose esattamente così come sono. Noi, se ci votate, non faremo niente. O qualcosa del genere. Secondo me ci arriviamo» aveva detto Lamborghini, e si era guardato intorno con un’aria come per dire che aveva finito e che era soddisfatto della sua magistrale arringa che aveva distrutto le congetture della pubblica accusa.

In quel momento, da dietro di lui, era arrivata una voce che diceva: «Aloe Vera? Cos’è, rumena?»

Lamborghini si era voltato, aveva visto un signore con un naso più rosso del suo, delle orecchie più grandi e, se possibile, più pelose delle sue, che era vestito con un cappotto un po’ meno alla moda, del suo, che aveva, probabilmente, qualche anno più di lui e che, seduto a un tavolino con spiegato davanti un quotidiano sportivo, aveva piegato la testa verso di lui e lo guardava dal basso all’alto con una smorfia che voleva significare che non aveva capito e che gli segnava, sul viso, un gran numero di rughe sul nero dell’abbronzatura.

Era un signore che si chiamava Luigi Guerra e aveva fatto, per cinquantasei anni, il muratore e era, nella faccia, uno degli uomini più abbronzati di Bologna.

«Cos’è» aveva detto Guerra, «una badante?»

Lamborghini si era voltato verso Marzia, la barista, e le aveva detto: «Quanto pago?»




Paolo Nori 


Che dispiacere ( stralcio )



https://www.ilpost.it/2020/07/19/paolo-nori-che-dispiacere-juventus-bologna/



https://youtu.be/ddnRtFd7Hps



https://youtu.be/nMYQeCYcdJE



https://youtu.be/0rXHt2kpEjs





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