mercoledì 22 novembre 2023

 

Sintassi d’inverno

Una frase parte come un viaggiatore solitario
che va verso una tormenta di neve a mezzanotte,
e lotta contro il vento, un braccio a schermare il volto
e i lembi del cappotto leggero che sbattono dietro di lui.

Ci sono modi più semplici per costruire senso,
la conoscenza dei gesti, per esempio.
Si tiene il volto di una ragazza fra le mani come un vaso.
Si prende una pistola dal cruscotto dell’auto
e la si getta dal finestrino nella calura del deserto.
Questi freddi momenti risplendono di silenzio.

La luna piena ha senso. Quando una nuvola le passa davanti
diventa eloquente quanto una bicicletta appoggiata
a una farmacia o un cane che dorme tutto il pomeriggio
in un angolo del divano.

I rami spogli d’inverno sono una forma di scrittura.
Il corpo svestito è un’autobiografia.
Ogni lago è una vocale, ogni isola un nome.

Ma il viaggiatore insiste nella sua fatica,
lotta per tutta la notte nella neve sempre più alta,
lascia un tenue alfabeto di orme
sulle bianche colline sui piani bianchi delle valli,
un messaggio ai topi di campagna e ai corvi di passaggio.

All’alba vedrà il rampicante di fumo
alzarsi dal tuo camino, e quando tremante
sarà davanti a te, rivestito di gelo che brilla,
fra la sua barba di ghiaccioli comparirà un sorriso,
e l’uomo esprimerà un pensiero compiuto.

 Billy Collins

A vela in solitaria intorno alla stanza (Fazi, 2013), trad. it. F. Nasi

https://internopoesia.com/tag/billy-collins/


Nostalgia

Ti ricordi gli anni Quaranta del Milletrecento? Facevamo una danza chiamata la Catapulta.
Tu vestivi sempre di marrone, la mania di quel decennio,
e io mi coprivo con uno di quei mantelli alla moda,
quelli con gli unicorni e le melagrane ricamate.
Tutti facevano merenda con birra e cipolle, nel pomeriggio
e alla sera facevamo un gioco chiamata “Trova la Mucca”.
Tutto era manoscritto allora, mica come oggi.

Dov’è finita l’estate del 1572? Impazzivamo, allora, per le maratone
di sonetti in broccato. Ci vestivamo con le insegne
di baronie rivali, e ci conquistavamo l’un l’altro in fredde stanze di pietra.
Giù sulla pista, tutti ballavamo la Lotta
mentre tua sorella si esercitava con la Dafne da sola, nella sua stanza.
Prendevamo a prestito il gergo dei maniscalchi per le nostre parlate.
Oggi il linguaggio sembra trasparente, un codice svelato fino in fondo.

Gli anni Novanta del Settecento non torneranno più. L’infanzia era favolosa.
La gente faceva passeggiate in cima alle colline
e scriveva sul diario quel che vedeva, senza parlare.
Avevamo alti collari e i nostri cappelli erano morbidissimi.
Ci sorprendevamo l’un l’altro con alfabeti fatti di ramoscelli.
Era un tempo meraviglioso per essere vivi, o anche morti.

Vado pazzo per il periodo tra il 1815 e il 1821.
L’Europa tremava mentre noi sedevamo immobili a farci ritrarre.
E adorerei tornare al 1901, anche solo per un attimo,
giusto il tempo di caricare un fonografo e fare qualche passo di danza,
o rispeditemi nel 1922 o nel 1941, o perlomeno lasciatemi
riconquistare la serenità del mese scorso quando coglievamo
bacche e scorrevamo in canoa attraverso i pomeriggi.

Perfino stamattina sarebbe un miglioramento rispetto al presente.
Ero in giardino, allora, attorniato dal ronzio delle api
e dai nomi latini dei fiori, e guardavo la prima luce
che risplendeva sulle finestre inclinate della serra
e copriva d’argento i rami dei filari di scuri abeti.

Come sempre, stavo pensando ai momenti del passato,
lasciando che il ricordo ci scorresse sopra come acqua
che scorre sopra le pietre sul fondo di un torrente.
Addirittura, stavo un poco pensando al futuro, quel posto
dove si balla una danza che non riusciamo a immaginare,
una danza il cui nome possiamo solo ipotizzare.

https://www.poesiarandagia.it/archivio-di-poesie/billy-collins/


https://youtu.be/tyKmiQC5qog?si=eHFgRG6KknQtJ_Ph


https://youtu.be/d-dZvQxYX1g?si=OSjOx70czU1VR4qz

https://youtu.be/1BYI2fbb7u0?si=ZUf-WfROrwtfjEFe





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