martedì 19 marzo 2019

Dell’utilità delle piume contro il solletico

Sicuramente non sono l’unica persona cui capita, ma ogni tanto mi capita. Capita, cioè, di fare sogni che non sembrano reali, sono reali, così tangibili da non differire in nulla dalle esperienze materiali. Se sogno, per esempio, di mangiare una fetta di torta al cioccolato, ne percepisco la sofficità al contatto di denti e palato, sento le papille bearsi del gusto fragrante e mi sveglio con la sensazione di averla mangiata per davvero. Avverto il sapore del cioccolato nel sogno. Così come avverto la freschezza e la liquidità dell’acqua quando sogno di berla (tranne, ovviamente, quando ho sete per davvero e allora sogno di bere senza dissetarmi mai).
In sogno litigo furiosamente in tre lingue, sfoderando argomentazioni taglienti come katane; un samurai della parola che affetta l’interlocutore con precisione millimetrica facendone pezzettini che restano compresi giusto il tempo necessario a prendere atto di aver appena cessato di esistere come entità unica, per poi cadere al suolo e sparpagliarsi molteplici grazie ai miei affilati virtuosismi verbali, nel sogno sempre sommamente coerenti e inossidabili.
Per non parlare della solida e calda corporeità degli abbracci, veri nel sogno quanto nella realtà, così come le lacrime che ogni tanto li accompagnano e con cui ho modo di bagnarmi le dita non appena mi strofino gli occhi svegliandomi. Evito di addentrarmi nei particolari di quando sogno di fare l’amore, ma, ecco, ci siamo capiti.
Quest’ampia prolusione per dire che l’esperienza di “realtà onirica” di questa notte ancora mancava alla mia collezione. Stanotte ho sognato di volare. Sì, va bene, era già capitato qualche svolazzamento in dormiveglia a mo’ di gallinaceo, ma sempre cose vaghe e confuse, niente a che vedere con queste vere e proprie seconde vite che ogni tanto vivo nel sonno, quasi fossi sotto l’effetto di un allucinogeno. Io, stanotte, ho volato per davvero. Io che soffro di vertigini ad appendere un quadro, che faccio sogni terrificanti in cui mi trovo intrappolata in cima a grattacieli in costruzione senza appigli per scendere, condannata a mettere un piede in fallo e precipitare nelle centinaia di metri di vuoto sotto di me, io ho volato sul serio. Almeno una volta in vita mia ho saputo cosa si prova a essere un aquilone, un uccello, un aereo, una libellula, Peter Pan. Braccia aperte come ali, sentivo l’aria sfiorarmi e farmi il solletico, inondandomi di brividi; salivo e scendevo, con impavide picchiate e rasoterra, poi riprendevo quota e mi libravo sui tetti, senza vertigini.
Così ho capito, per esempio, che le piume degli uccelli servono a ripararli dal solletico. Perché mentre voli, l’aria che ti sospinge non può fare a meno di farti il solletico dappertutto: tra le dita, lungo le braccia e le gambe, intorno alle orecchie, sulla pancia, e poi sul collo, scendendo lungo la schiena. Se il corpo fosse ricoperto di penne e piume, invece, questo solletico sulla pelle non lo si avvertirebbe. Intendiamoci, è piacevole, non può certo definirsi fastidioso, però può anche distrarre, e ho notato che di ostacoli ce ne sono a centinaia anche quando si vola, quindi bisogna stare molto attenti a dove si va e non concentrarsi troppo sulle sensazioni a fior di pelle.
Mentre volavo e mi sentivo accarezzare dall’aria, ho anche pensato a quanto sia ironico che noi umani usiamo le piume per farci il solletico mentre gli uccelli se ne servono per ripararsene. E comunque, così deliziata ed euforica per le emozioni generate dai vuoti d’aria e dalle circonvoluzioni aeree, mi ero anche fatta un programmino di volo, perché, già che c’ero, anziché volare a vuoto tanto valeva avere una destinazione.
L’unica stonatura di quell’esperienza bellissima era la sottile sensazione di sottofondo che tutto ciò non sarebbe durato. Che presto sarebbe finito. E che a destinazione non ci sarei mai arrivata.
E infatti è finito, prima che mi svegliassi. Nei pressi di una tangenziale, dove c’era un incrocio con semaforo e la periferia urbana era avvolta da una leggera nebbia autunnale, sono atterrata tornando normale. Il fatto è che non sapevo quando si aprisse la stagione della caccia, e all’improvviso ero stata colta dal timore di essere scambiata per un enorme fagiano.


https://visionidistanti.wordpress.com/2010/12/29/dellutilita-delle-piume-contro-il-solletico/



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