lunedì 15 dicembre 2014

Elena Ferrante e il mistero dell'identità

Sono passati ventidue anni da quando Elena Ferrante ha esordito col romanzo "L'amore molesto", ma di lei nessuno sa nulla, a parte qualche pettegolezzo (si son fatti i nomi di Fofi e Starnone). Nonostante ciò Ferrante è stata inclusa, dalla rivista "Foreign Policy", tra i cento pensatori più influenti del mondo. Leggo su «la Repubblica» di venerdì un'intervista fattale via mail da Simonetta Fiori. Nulla da eccepire sulla conclusione: «Non è poco scrivere sapendo di poter orchestrare per i lettori non solo una storia, personaggi, sentimenti, paesaggi, ma la proprio figura di autrice, la più vera perché fatta di sola scrittura, di pura esplorazione tecnica di una possibilità. Ecco perché o resto Ferrante o non pubblico più». Ho molti dubbi, invece, su certe affermazioni, molto retrò, fondate sulla convinzione che «le nostre vite non aggiungono niente alle opere». Pensa davvero, Ferrante, che i suoi libri avrebbero lo stesso significato se non vi si proiettasse il mistero celato dallo pseudonimo? E che avrebbe lo stesso successo perché la loro verità è tutta lì, nella scrittura? La risposta la dà il giornale stesso: che dedica all'intervista all'autore uno spazio tre volte superiore a quello della modesta recensione al nuovo libro che l'accompagna.


di MASSIMO ONOFRI

http://ricerca.gelocal.it/lanuovasardegna/archivio/lanuovasardegna/2014/12/08/NZ_21_05.html



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