domenica 5 aprile 2020

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LA MUCCA E' PAZZA E UN PO' CANNIBALE

Per gli Amerindi e per la maggior parte dei popoli che per lungo tempo non conobbero la scrittura, il tempo dei miti si identificò con quello in cui uomini ed animali non erano del tutto distinti gli uni dagli altri e potevano comunicare tra di loro. Far coincidere l' inizio dei tempi storici con la torre di Babele, con il momento in cui gli uomini persero l' uso di una lingua comune e cessarono di comprendersi, sarebbe sembrato a quei popoli accettare una visione singolarmente riduttiva delle cose. La fine dell' armonia primitiva, secondo loro, si produsse sullo sfondo di uno scenario molto più vasto ed afflisse non soltanto gli umani, ma tutti gli esseri viventi. Ancor oggi, si direbbe che in noi è rimasta la confusa coscienza della primitiva solidarietà tra tutte le forme di vita. Niente ci sembra tanto importante quanto il fatto di imprimere il sentimento di questa continuità, sin dalla nascita o quasi, nello spirito dei nostri bambini. Li circondiamo di simulacri di animali di gomma o di peluche, e i primi libri che gli mettiamo sotto gli occhi mostrano loro, ben prima che li abbiano mai incontrati, l' orso, l' elefante, il cavallo, l' asino, il gatto, il cane, il gallo, la gallina, il topo, il coniglio ecc. come se fosse necessario imprimere nei nostri piccoli, sin dalla più tenera età, la nostalgia di una unità che riconosceranno ben presto perduta. Non è dunque sorprendente il fatto che l' uccisione di esseri viventi a fini alimentari ponga agli uomini, ne siano coscienti o no, un problema filosofico che tutte le società hanno cercato di risolvere. L' Antico Testamento ne fa una conseguenza indiretta della caduta originaria. Nel giardino dell' Eden, Adamo ed Eva si nutrivano di frutti e di semi (Genesi, I, 29). E soltanto a partire da Noè l' uomo divenne carnivoro (IX, 3). E' significativo che tale rottura tra il genere umano e gli altri animali preceda immediatamente la storia della torre di Babele, e cioè la separazione degli uomini gli uni dagli altri, come se questa fosse la conseguenza o un caso particolare di quella. Questo tipo di concezione fa dell' alimentazione carnivora una sorta di arricchimento della dieta vegetariana. Al contrario, alcuni popoli senza scrittura vedono, nella dieta a base di carne, una forma appena attenuata di cannibalismo. Essi umanizzano la relazione tra il cacciatore (o il pescatore) e la sua preda, concependola nei termini di una relazione di parentela: come un' alleanza matrimoniale o, ancora più direttamente, come una relazione tra congiunti (assimilazione facilitata dalla ' parentela' che tutte le lingue del mondo, e anche la nostra nelle espressioni dialettali, istituiscono tra l' atto del mangiare e quello del copulare). La caccia e la pesca appaiono così come un genere di endocannibalismo. Altri popoli, a volte anche i medesimi, pensano che la quantità di vita esistente in ogni istante nell' universo debba essere sempre riequilibrata. Il cacciatore e il pescatore che ne sottraggono una frazione dovranno, se così si può dire, rimborsarla a spese della loro stessa prospettiva di vita. Anche questo rappresenta un modo di vedere l' alimentazione carnivora come una forma di cannibalismo: di autocannibalismo, nella fattispecie, perché secondo quest' ultima concezione, pur credendo di mangiare un altro, in realtà, ci si autodivora. Circa tre anni fa, a proposito dell' epidemia ' delle mucche pazze' , che allora non era di attualità quanto lo è oggi, in un articolo del 10/11 ottobre 1993 Siamo tutti cannibali, spiegavo ai lettori di Repubblica che le patologie simili di cui l' uomo era talvolta vittima - kuru in Nuova Guinea, nuovi casi della malattia di Creutzfeld-Jacob in Europa (derivanti dalla somministrazione di estratti di cervello umano per curare problemi della crescita) - erano legate a pratiche attinenti, in senso proprio, al cannibalismo, termine di cui occorreva ampliare la nozione per includervele tutte. Ed ecco che ora apprendiamo come la malattia apparentata che oggi colpisce le mucche nella maggior parte dei paesi europei (malattia la quale presenta, per il consumatore, un elevato rischio di mortalità) si sia trasmessa attraverso le farine di origine bovina con cui il bestiame veniva nutrito. Essa, dunque, è conseguenza della trasformazione delle mucche stesse in cannibali, trasformazione operata dall' uomo sulla scia di un modello che, nella storia, non è, d' altronde, senza precedenti. Testi d' epoca affermano che, durante le guerre di religione che insanguinarono la Francia del XVI secolo, i parigini affamati furono ridotti a nutrirsi di un pane a base di farina ricavata da ossa umane, estratte dalle catacombe e macinate. Il legame tra l' alimentazione a base di carne e il cannibalismo, allargato fino a conferirgli una connotazione universale, ha dunque, nel pensiero, radici molto profonde. Torna in primo piano con l' epidemia delle mucche pazze poiché, alla paura di contrarre una malattia mortale, si aggiunge l' orrore che tradizionalmente ci ispira il cannibalismo, esteso ora ai bovini. Pur condizionati dalla prima infanzia, e abituati a ripiegare su carni succedanee, sostitutive, restiamo certamente cannibali. Nondimeno, resta il fatto che il consumo di carne è diminuito in modo straordinario. Ma quanti di noi, ben prima di questi avvenimenti, non potevano passare davanti al banco del macellaio senza provare nausea e malessere, guardandolo già, per anticipazione, nell' ottica dei secoli futuri? Verrà infatti un giorno in cui l' idea che gli uomini del passato, per nutrirsi, abbiano potuto allevare e massacrare degli esseri viventi e poi esporre con compiacimento la loro carne a brandelli nelle vetrine, ispirerà senza dubbio la stessa repulsione che i pasti cannibali dei selvaggi americani, australiani o africani, ispirava ai viaggiatori del XVI o del XVII secolo. La moda crescente dei movimenti animalisti lo testimonia: sempre più distintamente noi percepiamo la contraddizione nella quale le nostre abitudini ci costringono, quella tra l' unità della creazione così come ancora si manifestava nella convivenza dell' Arca di Noè e la sua negazione, da parte del Creatore stesso, all' uscita dall' Arca. Tra i filosofi, Auguste Comte è probabilmente uno di quelli che hanno prestato maggior attenzione al problema dei rapporti tra l' uomo e l' animale. Egli l' ha fatto sotto una forma che i commentatori hanno preferito ignorare, annoverandola tra le stravaganze alle quali questo grande genio si è spesso abbandonato. Tuttavia si tratta di una stravaganza che merita una qualche attenzione. Comte suddivide gli animali in tre categorie. Nella prima, colloca quelli che, in un modo o in un altro, rappresentano per l' uomo un pericolo, e propone semplicemente di sterminarli. In una seconda categoria, raduna le specie protette ed allevate dagli uomini a fini alimentari: bovini, suini, ovini, animali da cortile... Dopo millenni, l' uomo li ha così profondamente trasformati che non si possono più nemmeno chiamare animali. Si devono vedere in loro i ' laboratori nutritivi' in cui si elaborano i componenti organici necessari alla nostra sopravvivenza. Se Comte esclude così questa seconda categoria dalla animalità, d' altra parte, egli integra la terza categoria nella umanità. In quest' ultima classe, egli raduna le specie socievoli, dalle quali l' uomo recluta i suoi compagni di lavoro e perfino, talvolta, i suoi attivi collaboratori: animali, tutti, ' di cui si è molto esagerata l' inferiorità mentale' . Alcuni di essi, come i cani e i gatti, sono carnivori. Altri, a causa della loro natura di erbivori, non hanno un livello intellettuale sufficiente, che li renda utilizzabili. Comte progetta di trasformarli in carnivori, cosa, ai suoi occhi, del tutto possibile, visto che in Norvegia, quando il foraggio, manca, si è soliti nutrire il bestiame con pesce essiccato. In questo modo, dice Comte, si riuscirà a portare alcuni erbivori al più alto dei gradi di perfezione che la natura animale prevede. Resi più intelligenti e più attivi dal nuovo regime alimentare, essi saranno maggiormente portati ad affezionarsi ai loro padroni, a comportarsi come servitori dell' umanità. Sarà possibile affidare loro, soprattutto, il compito di sorvegliare le fonti di energia e le macchine, lasciando gli uomini liberi per altri compiti. Utopie, certo, riconosce Comte, non più tuttavia della trasmutazione dei metalli, che tuttavia è all' origine della chimica moderna. Applicando l' idea della trasmutazione agli animali, non si farebbe che estendere l' utopia dall' ordine materiale all' ordine vitale. Vecchie di un secolo e mezzo, queste idee sono profetiche da numerosi punti di vista, benché rivelino, d' altra parte, un aspetto paradossale. E' ben vero che l' uomo provoca direttamente o indirettamente la sparizione di innumerevoli specie e che altre sono, a causa sua, gravemente minacciate. Basti pensare agli orsi, ai lupi, alle tigri, ai rinoceronti, agli elefanti, alle balene, ecc., più le specie di insetti e di altri invertebrati che, a causa della degradazione causata dall' uomo all' ambiente naturale, spariscono giorno dopo giorno. Profetica è anche, e fino a un punto che neppure Comte avrebbe potuto immaginare, l' immagine che vede gli animali di cui l' uomo si nutre ridotti impietosamente alla condizione di laboratori nutritivi. L' allevamento in batteria dei buoi, dei maiali, dei polli ne offre il più terribile esempio. A questo proposito, il Parlamento europeo si è detto, proprio di recente, mosso a compassione. Profetica, infine, è l' idea che gli animali della terza categoria concepita da Comte diventeranno per gli uomini collaboratori attivi, come attestano, oggi, gli incarichi sempre più diversificati affidati ai cani poliziotto, il ricorso a scimmie specificamente addestrate per assistere i grandi invalidi, le nuove aspettative alle quali i delfini ci aprono. La trasformazione di erbivori in carnivori è anch' essa profetica, il dramma delle mucche pazze lo prova, anche se, in questo caso, le cose non sono accadute nel modo previsto da Comte. In primo luogo la trasformazione che abbiamo operato non è, forse, così originale come crediamo. Si è potuto sostenere che i ruminanti non sono veri erbivori perché si nutrono soprattutto di microrganismi i quali, a loro volta, si nutrono dei vegetali provocandone la fermentazione in uno stomaco particolarmente adattato. Soprattutto, questa trasformazione non fu intrapresa a vantaggio degli animali che Comte chiama ausiliari attivi dell' uomo bensì a spese di quelli che Comte definiva ' laboratori nutritivi' : errore fatale, contro il quale egli stesso aveva messo in guardia, perché, diceva, l' eccesso di animalità sarebbe loro nocivo. Nocivo non soltanto a loro ma anche a noi: proprio conferendo agli erbivori un eccesso di animalità (imputabile alla loro trasformazione non tanto in carnivori, quanto addirittura in cannibali) abbiamo, certo involontariamente, mutato i nostri ' laboratori nutritivi' in laboratori mortiferi. Il morbo della mucca pazza non ha ancora raggiunto tutti i paesi. L' Italia, mi sembra, ne è rimasta fino ad oggi pressoché immune. Forse lo dimenticheremo presto: sia che l' epidemia si estingua da sola, come predicono gli esperti britannici; sia che si scoprano nuovi vaccini o cure; sia che una politica di rigorosa prevenzione sanitaria garantisca lo stato di buona salute delle bestie destinate alla macellazione. Ma sono prevedibili anche altri scenari. Vi è il sospetto che, contrariamente all' idea che ne abbiamo, la malattia possa oltrepassare le frontiere biologiche tra le specie. Colpendo tutti gli animali di cui ci nutriamo, essa potrebbe affermarsi in maniera duratura e prendere posto tra le malattie della civiltà industriale, che compromettono via via sempre di più la soddisfazione dei bisogni degli esseri viventi. Noi già respiriamo aria inquinata. Inquinata anch' essa, l' acqua non ci appare più, come credevamo un tempo, un bene disponibile in quantità illimitata: sappiamo che è razionata, sia per l' agricoltura che per gli usi domestici. Da quando l' Aids ha fatto la sua comparsa, i rapporti sessuali implicano un rischio fatale. Tutti questi fenomeni turbano e turberanno in modo profondo le condizioni di vita dell' umanità, annunciando una nuova era in cui si potrebbe affermare, come semplice conseguenza, un altro rischio mortale, quello dell' alimentazione carnivora. Non è solo questo fattore, d' altronde, che potrebbe costringere l' uomo a distogliersene. In un mondo in cui la popolazione globale sarà probabilmente raddoppiata in meno di un secolo, il bestiame e gli altri animali d' allevamento divengono per l' uomo temibili concorrenti. E' stato calcolato che, negli Stati Uniti, i due terzi dei cereali prodotti servono a nutrirli. E non dimentichiamo che questi animali ci rendono, sotto forma di carne, molte meno calorie di quante non ne abbiano essi stessi consumate nel corso della loro vita (la quinta parte, mi hanno detto, nel caso di un pollo). Una popolazione umana in espansione avrà presto bisogno, per sopravvivere, dell' intera produzione cerealicola attuale: niente resterà per il nutrimento del bestiame e degli animali da cortile, cosicché tutti gli esseri umani dovranno ricalcare il proprio regime alimentare su quello degli indiani e dei cinesi, in cui la carne animale copre solo una minima parte del bisogno di proteine e di calorie. Potrebbe rendersi necessario rinunciarvi completamente, perché, mentre la popolazione aumenta, la superficie delle terre coltivabili diminuisce per effetto dell' erosione e dell' urbanizzazione, le riserve di idrocarburi diminuiscono e le risorse d' acqua si riducono. Viceversa, gli esperti stimano che se l' umanità divenisse integralmente vegetariana, le superfici già oggi coltivate potrebbero nutrire una popolazione doppia rispetto a quella attuale. E' singolare il fatto che, nelle società occidentali, la consumazione di carne tenda spontaneamente a diminuire, come se queste società cominciassero già a mutare regime alimentare. In questo caso, l' epidemia della mucca pazza, dissuadendo i consumatori di carne, non farebbe che accelerare una evoluzione in corso. Vi aggiungerebbe soltanto un elemento mistico, identificabile nel diffuso sentimento che la nostra specie stia pagando per aver contravvenuto all' ordine della natura. Gli agronomi si incaricheranno di accrescere il valore proteico delle piante alimentari, i chimici di produrre proteine di sintesi in quantità industriale. Ma anche se l' encefalite spongiforme (questo è il nome dotto della malattia della mucca pazza e di altre apparentate) si affermasse in maniera durevole, c' è da scommettere che l' appetito di carne non per questo scomparirà. Soddisfarlo diventerà però un' occasione rara, costosa e piena di rischi. Il Giappone conosce qualcosa di simile con il fugu, pesce dell' ordine dei Tetrodontidi, di un sapore squisito, si dice, ma che, imperfettamente svuotato, può costituire un veleno mortale. La carne figurerà nel menu in circostanze eccezionali. La si consumerà con lo stesso misto di riverenza pietosa e di ansietà che, secondo gli antichi viaggiatori, caratterizzava i pasti cannibali di alcuni popoli. In entrambi i casi, si tratta, allo stesso tempo, di mettersi in comunicazione con gli antenati e di incorporare, a proprio rischio e pericolo, la pericolosa sostanza di esseri viventi che furono o sono divenuti nemici. L' allevamento, non redditizio, sarà completamente scomparso e la carne, acquistata in magazzini di gran lusso, proverrà interamente dalla caccia. Le nostre antiche greggi, lasciate a loro stesse, costituiranno una selvaggina, come tanti altri animali, e popoleranno una campagna restituita allo stato brado. Non possiamo dunque affermare che l' espansione di una civiltà che si pretende mondiale uniformerà il pianeta. Accalcandosi, come già vediamo oggi, in megalopoli grandi come province, la popolazione umana, un
 tempo più capillarmente diffusa, lascerà liberi altri spazi.  abbandonati dai loro abitanti, Definitivamente questi spazi ritorneranno alle antiche condizioni; qui e là, i più strani generi di vita si ricaverann
o in habitat. Invece di creare monotonia, l' evoluzione dell' umanità accentuerà i contrasti, ne creerà di nuovi, ristabilendo il regno della diversità. Con la rottura di abitudini millenarie, sarà questa la lezione di saggezza che un giorno, forse, avremo appreso dalle mucche pazze.

CLAUDE LEVI-STRAUSS


https://m.youtube.com/watch?v=qLrnkK2YEcE





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