giovedì 19 agosto 2021

 Uno era Enzo. Da parte di padre, era per metà pugliese e per metà macedone. Aveva studiato medicina all'Università di Milano e si era specializzato in chirurgia generale. Era stato medico volontario in Sudafrica. Contemporaneamente portava avanti gli studi di pianoforte al Conservatorio e frequentava gli ambienti del cabaret. Negli anni Cinquanta iniziava la sua carriera come musicista e intrattenitore, fondava con il suo storico amico Giorgio il duo de I due corsari con il quale mescolavano il tono umoristico al sound ai tempi emergente del rock 'n' roll. Dopo pochi anni scioglieva il duo e iniziava la carriera solista. Nel corso del tempo era riuscito ad affermarsi come paroliere, cantautore, intrattenitore e cabarettista. Però non abbandonava mai la professione di medico. Le due arti si intrecciavano ed era difficile anche per lui dichiarare la sua professione. In un'intervista diceva "Una volta sulla carta d'identità avevo fatto mettere 'Fantasista', poi però ridevano... 'È pazzo', allora adesso ho fatto scrivere 'Medico', perché se metti 'Artista' o 'Giocoliere', la polizia e i carabinieri quando ti fermano ti fanno subito scendere". Il bello della sua vita era il saper mescolare le due arti, come quando affermò "La medicina moderna ha fatto veramente enormi progressi: pensate a quante nuove malattie ha saputo inventare".







Uno era ingegnere, aveva lavorato tutta la vita, ma quando morì la moglie andò a vivere per strada.


Stava sulle panchine di un minuscolo giardinetto, dalle parti di Brenta e passava le giornate a bere e a leggere.


Tutti gli abitanti della zona gli portavano i libri. I bambini gli portavano i libri per bambini, le signore i libri d'amore, un architetto, che stava seguendo i lavori di ristrutturazione di un palazzo lì vicino, gli portava libri di architettura. Chi finiva di leggere un romanzo passava e glielo lasciava. Lui leggeva tutto.


Era alto, con la barba bianca e gli occhi azzurri e aveva una mano finta. Non gli si poteva stare troppo vicino perché l'alcol che trasudava si sentiva a due metri di distanza. Indisturbato, trascorreva tutto il suo tempo immerso nella lettura.





Uno era lo scrittore Giorgio Manganelli, che equiparava la letteratura alla menzogna. Da giovane aveva amato perdutamente la poetessa Alda Merini, la quale gli aveva ispirato una poesia in cui lui la paragonava "al tetano che inchioda le mascelle". Aveva scritto poi molti libri di prosa, tutti inclassificabili. Il primo di questi, un trattato sulla natura 'discenditiva' dell'uomo, era pieno di sostantivi inquietanti, come 'abomaso' o 'litopedio', e di aggettivi vertiginosi, come 'gotisferico' e 'catalievitante'; un altro, il più famoso, conteneva invece una raccolta di cento piccoli romanzi che duravano il tempo di una pagina e che lui suggeriva di leggere "allo zero assoluto o in smarrito abitacolo spaziale".


Negli anni Settanta intervistò per il secondo canale radio della RAI il faraone Tutankhamon, il Califfo di Baghdad Hārūn al Rashīd e altri personaggi da tempo passati a miglior vita.


Aveva girato il pianeta in lungo e in largo e tratto, dai suoi lunghi viaggi, leggendari reportage in cui si dilungava su questioni impalpabili, come la reale esistenza di Ascoli Piceno o il motivo per cui Piacenza non era Singapore.


Non dava molta importanza al suo lavoro di scrittore, ma ammetteva di avere un debole per i suoi corsivi pubblicati dal «Corriere della Sera»; ogni tanto, diceva, gli capitava di rileggerli e di ridere da solo.





Repertorio dei matti della città di Milano


( Autori vari. A cura di Paolo Nori )


http://www.tecalibri.info/N/NORI-P_matti.htm



https://youtu.be/QO_98TiwDyc






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