domenica 3 aprile 2022

 Essenza musicale dei miei versi inutili,

magari potessi incontrarmi come una cosa fatta da me,

e non stessi sempre di fronte alla Tabaccheria qui di fronte,

calpestando la coscienza di esistere,

come un tappeto in cui un ubriaco inciampa

o uno stoino rubato dagli zingari che non valeva niente.


Ma il padrone della Tabaccheria s'è affacciato sulla porta e vi è rimasto.

Lo guardo con il fastidio della testa piegata male

e con il disagio dell'anima che sta intuendo.

Lui morirà ed io morirò.

Lui lascerà l'insegna, io lascerò dei versi.

A un certo momento morirà anche l'insegna, e anche i versi.

Dopo un po' morirà la strada dove fu stata l'insegna,

E la lingua in cui furono scritti i versi.

Morirà poi il pianeta che gira in cui tutto ciò accadde.

In altri satelliti di altri sistemi qualcosa di simile alla gente

continuerà a fare cose simili a versi vivendo sotto cose simili a insegne,

sempre una cosa di fronte all'altra,

sempre una cosa inutile quanto l'altra,

sempre l'impossibile, stupido come il reale,

sempre il mistero del profondo certo come il sonno del mistero della superficie,

sempre questo o sempre qualche altra cosa o nè una cosa nè l'altra.


Ma un uomo è entrato nella Tabaccheria (per comprare tabacco?),

e la realtà plausibile improvvisamente mi crolla addosso.

Mi rialzo energico, convinto, umano,

con l'intenzione di scrivere questi versi per dire il contrario.

Accendo una sigaretta mentre penso di scriverli

e assaporo nella sigaretta la liberazione da ogni pensiero.

Seguo il fumo come se avesse una propria rotta,

e mi godo, in un momento sensitivo e competente

la liberazione da tutte le speculazioni

e la consapevolezza che la metafisica è una conseguenza dell'essere indisposti.


Poi mi allungo sulla sedia

e continuo a fumare.

Finche il Destino me lo concederà, continuerò a fumare.

(Se sposassi la figlia della mia lavandaia

magari sarei felice.)

Considerato questo, mi alzo dalla sedia.

Vado alla finestra.

L'uomo è uscito dalla Tabaccheria (infilando il resto nella tasca dei pantaloni?).

Ah, lo conosco: è Esteves senza metafisica.

(Il padrone della Tabaccheria s'è affacciato all'entrata.)

Come per un istinto divino Esteves s'è voltato e mi ha visto.

Mi ha salutato con un cenno, gli ho gridato Arrivederci Esteves!, e l'universo

mi si è ricostruito senza ideale ne speranza, e il padrone della Tabaccheria ha sorriso.


Fernando Pessoa



https://www.poesieracconti.it/amp/poesie/a/fernando-pessoa/la-tabaccheria



https://youtu.be/OZjbJXxKxao





0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page