martedì 12 ottobre 2021

 Quando raggiunse il confine, era ormai il tardo pomeriggio: il sole era una palla gialla sopra le colline azzurre e polverose. Guidò l’auto lungo un’eterna fila di carri armati grigi e un gruppo di autocarri, e infine attraversò un varco nel recinto di filo spinato. Si fermò di fronte al lungo edificio bianco e scese, nel silenzio e nell’afa. Non c’ erano altre macchine. In un campo vicino all’edificio, alcuni soldati marciavano senza rumore, con gli stivali che sollevavano la polvere ma non molto alta, solo fino al ginocchio, cosicché sembrava che marciassero su una nuvola bassa e piatta. Dall’altro lato dell’edificio c’era altro filo spinato, e poi il confine. Il confine era un cancello di ferro nero, posto nel recinto di filo spinato. L’uomo guardò oltre il cancello, dov’era la strada che continuava nella terra di nessuno: uno stretto nastro grigio, che svaniva nella polvere. Diede alla guardia i documenti. Era un americano che viaggiava da solo,su una macchina a nolo. La guardia lo accompagnò nell’edificio, gli fece compilare un modulo. Dopo un po’, nella stanza entrò un ufficiale, che lo guardò. L’ufficiale aveva una faccia tranquilla, pallida, con baffi neri. Aveva quell’aria meccanizzata, quell’efficienza che odorava di olio per armi, che non era tanto spietata quanto inumana; come il cancello, i carri armati, il filo spinato.

— Dove state andando? — gli chiese l’ufficiale.

— A Gerusalemme — rispose l’americano.

— Siete già passato di qui — disse l’ufficiale, con l’aria di chi afferma una cosa ovvia.

— Sì.

— Perché ci andate ancora?

L’americano pensò: perché è là. Sorrise.

— Vorrei rivederla.

— Perché?

L’americano si strinse nelle spalle, sempre sorridendo. Ma si sentiva a disagio. Si rese conto d’improvviso che l’ufficiale era uno di quelli che odiavano gli americani. Se n’era accorto non perché l’ufficiale avesse qualcosa di particolare: in effetti, non si era neanche mosso. Non c’era alcuna espressione sul suo volto, neppure un’ombra negli occhi, ma l’americano sentiva qualcosa nell’aria, come un odore; un quid che era lì fin dall’inizio, e che spirava verso di lui, sospinto dal vento nero e silenzioso nella testa dell’ufficiale, e adesso l’americano lo riconobbe e se ne ritrasse. L’ufficiale lo guardò con occhi inespressivi.

— Qual è la vostra occupazione?

— Sono in pensione — disse l’americano. D’improvviso, si scoprì incapace di cooperare. Gli succedeva sempre così coi soldati. Rimase seduto muto, chiuso in se stesso, ostinato come un bambino di fronte a un padre implacabile. Ma era un atteggiamento sciocco. Perché voleva andarsene da lì.

— Non siete molto vecchio — disse l’ufficiale.

— Mi stanco facilmente — disse l’americano.

L’ufficiale si voltò di scatto e uscì dalla stanza. L’americano rimase a guardare la porta vuota. Sapeva quello che sarebbe successo. L'ufficiale avrebbe portato i suoi documenti nella stanza vicina e li avrebbe lasciati lì. Non li avrebbe guardati per un’ora o due, mentre beveva un tazza di caffè e fumava una sigaretta, oppure continuava la partita a carte, e poi, quando i documenti fossero rimasti lì per un tempo conveniente, e lui avesse esercitato le necessarie restrizioni, la professionale cautela, sarebbe tornato e si sarebbe seduto, a fissarli e a meditare, e poi, lentamente, cautamente, con la vaga paura di commettere un errore, ma con la soddisfazione di non avergli reso la cosa semplice, e magari perfino pericolosa, avrebbe firmato i documenti.

L’americano tirò un profondo respiro, uscì e guardò il cancello e la strada oltre di esso. Guardò l’orologio. Il confine chiudeva alle sei. Dopo quell’ora non lasciavano passare nessuno. Gli restava poco più di un’ora. Aveva voglia di andare. Non che dovesse effettivamente essere in qualche posto… no, aveva tutto il tempo del mondo. Ma voleva andarsene di lì, oltrepassare il cancello, percorrere la stretta strada polverosa. Nessuno lo aspettava a Gerusalemme. Nessuno lo aspettava da nessuna parte. Ma l’americano era stanco. Era stanco di molte cose: dei fucili, dei soldati, dei confini. Sapeva che, se fosse restato ancora a lungo, avrebbe perso il controllo dei nervi. Non gli era ancora successo, ma questa volta era possibile. Voleva solo andare a Gerusalemme.Trascorso il tempo debito, la guardia tornò. Ma ormai mancava poco alle sei, e il sole era un frammento di fuoco dietro una collina tondeggiante. La guardia gli consegnò il passaporto con aria riluttante, e l’americano salì in macchina e partì verso il cancello. Arrivato lì, si fermò. Rimase fermo sotto il filo spinato. Volute nere di ombra si avvolgevano sopra la sua macchina. Poi il cancello si aprì, con un cigolio di cardini metallici. Rimise in moto e si avviò. C’era un chilometro e mezzo prima di arrivare all’altro confine. L’americano guidò adagio, nel buio e nel silenzio. La strada correva dritta, fra due pareti di roccia grigia, sul fondo di una valle. Ormai era fuori vista dal posto di frontiera. Rallentò. Non si vedeva nessuno. Sterzò e si addentrò nella pianura che divideva i due Paesi. Terreno piatto ai due lati della strada, che si perdeva lontano, nella foschia della sera. Non c’era niente di vivo da nessuna parte, era una zona desertica. Ai due lati della strada c’erano cartelli a lettere nere che avvertivano i turisti di rimanere sulla strada: i campi erano minati. Guidò lentamente fino al centro della pianura. Cominciava a sentire una straordinaria sensazione di pace. Aveva già fatto quella strada, ma c’era dell’altra gente nella macchina; ricordava come tutti si lamentassero che era una terra terribilmente desolata. Ma non era affatto così… Era una terra di un grande, morbido silenzio. Fermò l’auto. Spense il motore, fermo al centro della strada, per poter sentire il silenzio. L’aria era più mite, adesso che il sole era tramontato; sul suo viso aleggiava una brezza leggera. D’improvviso, la sera fu straordinariamente bella. L’americano pensò: non volevo affatto andare a Gerusalemme. Sono tornato per questo.

Si rilassò nella macchina, senza alcun pensiero, libero. Dopo un po’, scese e camminò lungo la strada, guardando i cartelli scritti in nero. Peccato che tutt’intorno avessero minato il terreno. Ma perché mettere le mine? Le mine non si vedevano. La terra, oltre i cartelli, era piatta e pulita. Vide un oleandro: un cespuglio solitario che spuntava da una fenditura nella roccia. Qualcosa viveva, dunque. E dovevano esserci anche piccoli animali: insetti, lucertole. Ma nessun uomo. Da nessuna parte. L’altro confine non si vedeva. Dietro di lui c’erano colline, e altre davanti; si trovava in un corridoio di vuoto fra due mondi. Guardò lungo il corridoio ed ebbe una visione singolare: quella striscia di vuoto girava tutto attorno alla terra: se uno avesse potuto camminare fra le mine, avrebbe fatto il giro del mondo.

S’inginocchiò sulla terra, a lato della strada. Arrivarono le sei, passarono. Lo sapeva. Non riusciva ad alzarsi. Quel silenzio era benedetto, quel momento era benedetto. Era assolutamente incapace di alzarsi. Più tardi, al buio, tornò alla macchina. L’aria della notte era limpida, alcune stelle erano colorate. Ne vide una rossa, e una arancione, e molte azzurre. Si sedette sul cofano della macchina, aspettando di vedere le stelle cadenti, una cosa che non faceva da più di trent’anni, e cominciò a ricordare i giorni passati con un’incredibile chiarezza: poteva rivederli e sentirne l’odore e il sapore… le mattine con la brina sui vetri delle finestre, la colazione fumante, l’ odore delle mani di sua madre sapone e amore – le grosse scarpe di suo padre, il gatto vicino al camino. Subito dopo mezzanotte, una meteora passò fiammeggiando. Ne aveva sentito parlare, ma non ne aveva mai viste. Per tutta la notte, le stelle continuarono a cadere: pallide scintille allungate contro la volta nera del cielo, e una scese proprio di fronte a lui, incendiandosi come un fiammifero,luminosa, silenziosa, e morì. Rimase senza fiato, in attesa di un’altra. Trascorse la notte fra i suoi ricordi, osservando le stelle. Un po’ prima dell’alba, cominciò a rendersi conto di essere nei guai. Al secondo confine, avrebbero voluto vedere la data sul suo passaporto, e si sarebbero accorti che aveva passato lì tutta la notte. Avrebbero voluto sapere il perché. Cosa aveva fatto? Aveva disattivato le mine? Chi aveva visto? Si immaginò facce metalliche, efficienti, allarmate, chine su di lui. Si sentiva stanco e intontito. Non poteva tornare indietro. Tirò un profondo respiro, e lasciò che tutti i pensieri gli sfuggissero dalla mente, come un monticello di sabbia spazzato via da un’ondata. A oriente stava spuntando la prima luce dell’alba, come un fuoco dietro le colline. Fece qualche passo sulla strada.

Guardò lungo il corridoio di terra deserta. Naturalmente, non si poteva vivere lì. Niente acqua, niente cibo. Non si poteva piantare niente. Era tutto deserto, e niente ci sarebbe cresciuto. Qualcuno forse avrebbe potuto portargli del cibo. Qualcuno avrebbe potuto porgerglielo al di là del filo spinato. Ma no, i soldati non glielo avrebbero permesso. Ho perso la testa, pensò. Se i miei amici mi vedessero… Chissà cosa penseranno, quando lo sapranno. Ma non aveva perso la testa. Ci pensò bene, in piedi sulla strada, guardando il bagliore dell’alba. La sua mente era perfettamente in pace, limpida. Ma era molto stanco. Era troppo stanco per andare verso il filo spinato, davanti a lui.

Chissà cosa mi succede, se resto qui?

Ma non poteva. Sarebbe arrivata qualche macchina, i passeggeril’avrebbero riferito ai soldati. L’avrebbero aspettato, dalle due parti. Alla fine, qualcuno sarebbe arrivato. Si immaginò trascinato a forza… perché avrebbero dovuto trascinarlo. Era incapace di andarsene. Il bagliore a oriente si alzò, stava cominciando a cancellare le stelle. Fra poco, si sarebbe alzato il vento. Si accese una sigaretta, chiudendo il fiammifero fra le mani, inalò profondamente. Era libero, ma il sole stava sorgendo. Sempre fumando, richiuse la portiera dell’auto. Quando sentì il primo soffio di vento, attraversò la strada e si incamminò oltre i cartelli, verso ovest, pazientemente, con una mano in tasca, lontano dal sole.



Incidente di frontiera



Michael Shaara



https://youtu.be/uMUQMSXLlHM





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