martedì 28 dicembre 2021

 A mio padre fu diagnosticato il diabete mellito sulla soglia dei 50 anni. Dovette rivoluzionare la sua vita e farsi tornare a piacere, tra le altre cose, il caffellatte con le fette biscottate che pensava di essersi lasciato alle spalle da quarant'anni buoni. All'epoca non c'erano molti strumenti per rilevare i valori glicemici, e bisognava farsi bastare i dati dei controlli mensili nell'ambulatorio dell'Inam, per il resto bisognava andare a naso puntando tutto sul rigido regime alimentare e sulla severissima prassi delle inoculazioni di insulina, restando attenti a qualsiasi sintomo che rivelasse anomalie e rischi di ipo o iperglicemia che potevano portare al coma con una facilità irrisoria. Per quanto riguardava i dosaggi della stessa insulina i dottori andavano avanti con modalità tra l'empirico e lo sperimentale, e la cosa non aiutava a sentirci più tranquilli. Successivamente sono arrivati gli strumenti diagnostici da casa per cui era possibile verificare la glicemia ogniqualvolta qualcosa lasciasse intuire che tutto non stessa funzionando nel modo giusto. Il problema è che quel tipo di patologia, al momento tra le più diffuse, è pure influenzato da un surplus di ansia occasionale o da un imprevisto dispendio di energie, per cui per lui ( ma anche per tutto il resto della famiglia, visto che pare che nel patrimonio genetico ci stiamo trascinando un'empatia decisamente sopra le righe ) si è trattato di vivere una trentina d'anni sulle montagne russe, dove nei momenti topici per avere qualche rassicurazione penso sia arrivato a fare ben 7 verifiche quotidiane intervallate dalle abituali quattro o cinque punture. E nonostante ciò non c'era praticamente mai da stare tranquilli. Se mi chiedessero una definizione di un inferno con cui comunque è possibile convivere probabilmente racconterei proprio questa storia



https://youtu.be/YccjUYfJtt8





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