"Abitudine dei sovrani e dei festeggiati e` di arrivare in teatro alla fine del primo atto; non percio` e` da credere che capiscano meno di quanto accade sulla scena, anzi pare che il loro piacere sia piu` vivo appunto perche` incompleto. Ci si permetta, allora, pure essendo fervidi ammiratori del teatro di prosa o proprio per questa nobile ragione, di pensare che ben presto prenderemo l`abitudine di andar via alla fine di ogni secondo atto; poiche` tutto quanto avviene, in seguito, nelle commedie e`, generalmente, piacevole, ma ogni giorno minaccia di diventare piu` inutile. Tale inconveniente e` maggiormente sentito in quelle nostre commedie che, desiderando svolgere una tesi ottimista, intessono le biografie dei loro personaggi in una trama di sovrumana purezza. Quelle stesse creature, che nei primi due atti erano preda delle macchinazioni piu` tentatrici, giunte al terzo vengono ricondotte(con una grazia ferma ma non priva di rimpianto) al rispetto di ogni legge e di ogni disposizione prefettizia. L`autore rinfodera le sciabole, ossia caratteri, atmosfere, psicologia e sviluppi, e la battaglia e` rimandata a un altro giorno. Insomma, eccoli tutti pentiti. Per poco che ai tre atti soliti ne segua un altro paio e siamo alla consegna delle ricompense, al processo di beatificazione. Chi non ricorda quei pagliacci che, al circo, si mettevano in piedi sul parapetto della pista e, urlando, minacciavano di gettarsi a capofitto nella segatura, per poi scendere cautamente aiutandosi con le mani, e all`indietro? Cosi` sono i nostri personaggi: agitati e urloni ma, in fondo, tutti bravi, ubbidienti e privi di dubbi. Sorpassando i desideri del piu` severo censore, gli astuti si scopriranno da se stessi, i maligni si pentiranno, i processi di separazione verranno mandati a monte. Cosicche` essendo chiaro che queste cose avvengono alla fine di ogni dramma, la vita, nei terz`atti e` ferma e rosa, come la luce delle apoteosi".
Ennio Flaiano(vent`anni. 1939)