giovedì 30 giugno 2022

 Il passato è un cane di terracotta salvadanaio. Puoi non trovarci niente oppure recuperare dal profondo ricordi capaci di "strapparti un sorriso di tregua". Mi è tornato in mente il soprannome di una delle mie sorelle famosa in famiglia per crollare cedendo ad un'apatia disperata per ogni fesseria o per non riuscire a trovare il giusto abbinamento del vestiario, che oggi trova il coraggio per affrontare un numero considerevole di cicli di chemioterapia dalla foggia variegata, e vive la cosa, certo con paura, ma pure con una sfrontata audacia. Da pischella confidenzialmente la chiamavano come una canzone molto in auge a quei tempi: tragedy. Mai fossilizzarsi sulle impressioni.




https://youtu.be/nYCRY3ePwng



https://youtu.be/SyACEdTjjlo





Origine dello screenshot:

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mercoledì 29 giugno 2022

 


La donna del treno



Quando salii in carrozza lei era già nello scompartimento di quel vecchio arnese. La conversazione prese piede perché decise di enumerare le ragioni che l'avevano portata a Roma a conferire col presidente e cantargliene quattro. Parti' in sordina per recuperare rapidamente terreno. In pratica,dopo averci edotti sul fatto che, almeno in riviera, lei era la prima ogni giorno a sentire le radiazioni ( sul punto non sollecitammo delucidazioni ), ci parlò dei gioielli di famiglia che "Loro" gli avevano preso, specificando che si trattava di oro, diamanti e varie tele tra cui un Giotto e un Cimabue. 

Era una sorta di delirio confubolatorio, di quelli che si sentono in giro di frequente ai nostri giorni, che io alimentavo interloquendo con la mia innata curiosità per le storie strambe vagamente noir. 

Aggiunse particolari che, volendola prendere sul serio, potevano intersecarsi con molte delle trame mai del tutto rivelate dei misteri che avevano costellato la  storia  italiana recente, dal mostro di Firenze alla strage di Piazza Fontana.


Aveva un'età imprrecisata, tra i sessantasei e gli ottant'anni e l'aria pacifica, lievemente stralunata, che hanno spesso gli anziani dei paesi non in guerra, ma da quando avevo visto "la casa dalle finestre che ridono" "ero disposto a fidarmi di tutto tranne che delle apparenze".


Quando arrivammo alla stazione di destinazione scesi insieme agli altri due ragazzi che avevano condiviso quell'esperienza, mentre il treno proseguiva verso sud, e ci salutammo con un sorriso strano come di solito fanno i reduci di un'avventura incomprensibile, che comunque avrebbe lasciato un segno




https://youtu.be/-CZeP7EJ504





Immagine estrapolata da:



https://www.thekillerlikescandy.com/2011/01/satanik-1968.html?m=1









martedì 28 giugno 2022

 Veneri rauche

E notti di carta velina

Nei sogni dei tarantolati


https://youtu.be/ZVcxj8MVtoA




Foto: https://liosite.com/wp-content/uploads/2017/02/0272-Auto-Feat-Cit.jpg



domenica 26 giugno 2022

 Nella questione ucraina abbiamo tutti un un concorso di colpa. Questo va detto a prescindere dalle fesserie paranoiche sull'espansionismo della Nato in una realtà dove i missili possono colpire praticamente chicchessia da dovunque partano. Rispondere a istanze di secessione con armi pesanti è stata una cazzata. Bombardare la nazione che ha gestito in maniera così maldestra quella sorta di irredentismo filo-russo del Donbass ( probabilmente fomentato oltre che dalla grande madre pure come reazione a politiche che tendevano a cancellare una cultura per omologarla a un'altra quantomeno discutibile ) è da barbari nella peggiore accezione del termine, e con tutto il rispetto per i longobardi. Ed essersene praticamente fottuti della faccenda per 8 anni solo per il fatto di non essere stati chiamati in causa direttamente, come abbiamo fatto noi dell'Unione Europea e gli "americani" è stato come auto-invitarsi alla cena dei cretini




https://youtu.be/ltUvKGDl9Kk





 Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la mira,

che fa tremar di chiaritate l’âre

e mena seco Amor, sì che parlare

null’omo pote, ma ciascun sospira?


O Deo, che sembra quando li occhi gira,

dical’Amor, ch’i’ nol savria contare:

cotanto d’umiltà donna mi pare,

ch’ogn’altra ver’ di lei i’ la chiam’ira.


Non si poria contar la sua piagenza,

ch’a le’ s’inchin’ogni gentil vertute,

e la beltate per sua dea la mostra.


Non fu sì alta già la mente nostra

e non si pose ’n noi tanta salute,

che propiamente n’aviàn canoscenza.


( Guido Cavalcanti )




https://youtu.be/as7g9JMjQHU






Origine dello screenshot:


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sabato 25 giugno 2022

 



Ho detto alla mia anima di stare ferma, e di stare ad aspettare senza sperare.

Perché sperare sarebbe sperare la cosa sbagliata;

Di stare ad aspettare senza amore.

Perché l’amore sarebbe amore per la cosa sbagliata;

Ma resta ancora la fede.

Ma fede e amore e speranza sono tutte nell’attesa.

Aspetta senza pensare, perché non sei pronto per pensare.

E allora l’oscurità sarà luce, e l’immobilità danza.



Thomas Stearn Eliot



https://youtu.be/uedkyYDNfDo





venerdì 24 giugno 2022

 Il mio amante


E ora parlerò del mio amante, che rimarrà senza nome.

Perché a 49 anni sa fare il rumore di cinque diversi tipi

di camion che cambiano le marce in salita.

Perché a volte lo fa sulle scale del posto dove lavora.

Perché poi si vergogna quando gli altri lo sentono.

Perché sa anche imitare almeno tre tipi diversi di treni.

Perché questi includono: la metropolitana di Londra,

il treno a vapore e il trenino elettrico

delle Ferrovie Meridionali.

Perché tifa per il Tottenham Hotspur con gioiosa

e immutabile devozione.

Perché odia l’Arsenal, i cui tifosi sono rozzi e incivili.

Perché spiega che gli Spurs sono magici, mentre l’Arsenal

è noioso e sta sempre in difesa.

Perché io non ne sapevo niente fino a sei mesi fa,

e non mi curavo di saperlo.

Perché ora tutto questo mi affascina.

Perché lui si esibisce per gradi, dieci.

Perché, primo, si presenta come una persona gentile,

seria e mentalmente libera.

Perché, secondo, affronta molti pranzi, discutendo a tavola

della vita e dell’amore senza mai nominare il calcio.

Perché, terzo, sta attento a non rivelare quanto detesti

avere la peggio in una discussione.

Perché, quarto, parla delle donne del suo passato,

riconoscendo che in parte è stata colpa sua.

Perché, quinto, è talmente ragionevole che tendi a dubitarne.

Perché, sesto, si autoinvita per un drink una sera.

Perché, settimo, in due vi scolate due bottiglie di vino.

Perché, ottavo, si ferma per la notte.

Perché, nono, non vedi l’ora di rivederlo.

Perché, decimo, non si fa vivo per giorni.

Perché avendo raggiunto lo scopo ritorna ai suoi interessi.

Perché non salterà nemmeno un’ora del corso serale

o una sola prova di coro a causa di una donna.

Perché è quasi sempre fuori casa.

Perché non riesci nemmeno a trovarlo al telefono.

Perché è il tipo d’uomo che da generazioni fa impazzire

le donne.

Perché, è triste ammetterlo, questo pensiero non basta

a farti rinsavire.

Perché è affascinante.

Perché è buono con gli animali e coi bambini.

Perché la sua voce è rassicurante e sexy allo stesso tempo.

Perché guida una vecchissima Vauxhall Astra station wagon.

Perché va a 130 sull’autostrada.

Perché quando lo supplico di rallentare dice: “Non intendo

andare piú piano di cosí”.

Perché è convinto di conoscere le strade meglio di chiunque

altro sulla terra.

Perché non insiste per avere consigli dai suoi passeggeri.

Perché se mai dovesse perdersi sarebbe un bell’inferno.

Perché qualche volta mi fa dormire dalla parte sbagliata

del mio letto.

Perché non puoi dargli ordini.

Perché ha questa dote, che gli sta bene mangiare

i bastoncini di pesce surgelati o il cibo cinese già pronto

o prepararsi la cena da solo.

Perché sa come cucino ed è realista.

Perché mi prepara tazze di cacao densissimo con le bollicine.

Perché beve e fuma almeno quanto me.

Perché è ossessionato dal sesso.

Perché non direbbe mai che è sopravvalutato.

Perché è cresciuto prima della società permissiva

e si ricorda della sua adolescenza.

Perché non insiste nel ripetere che è sano e naturale,

né mi chiede cosa vorrei che facesse.

Perché ha alcune idee tutte sue.

Perché non è mai stato capace di dormire a lungo

e la notte parla con me fino a tardi.

Perché ci logoriamo a vicenda con la nostra insonnia.

Perché mi fa sentire come una lampadina che non può

spegnersi da sola.

Perché ispira una poesia dopo l’altra.

Perché è pulito e ordinato ma non si preoccupa

troppo del suo aspetto.

Perché permette al barbiere di tagliargli i capelli troppo corti

e per due settimane va in giro che sembra un carcerato.

Perché quando metto una collana e gli chiedo se

mi sta bene risponde: “Sí, se No vuol dire provarne altre tre”.

Perché è rimasto scioccato quando i compagni di squadra

piú giovani hanno cominciato a usare il talco negli spogliatoi.

Perché la sua mascolinità vecchio stile è per me

fonte di continuo divertimento.

Perché la cosa lo rende perplesso.


Wendy Cope





https://youtu.be/re61B8sKQWk






 Certi uomini non ci penserebbero.

Tu invece sì. Tu spesso mi dicevi

che eri stato lì lì per comprarmi dei fiori

ma qualcosa era andato storto poi.


Il negozio era chiuso. O un dubbio avevi,

quel genere di dubbi che si affacciano

alla testa di gente come noi.

Ch’io gradissi i tuoi fiori dubitavi.


Sorridere m’hai fatto, e t’ho abbracciato.

Sorrido ancora adesso. E sappi che

quei fiori, caro, che non mi hai comprato

non sono ancora appassiti per me.


Wendy Cope 



https://youtu.be/IFjAlzoH6mI





giovedì 23 giugno 2022

 Trent'anni fa avrei scommesso a occhi chiusi su un destino contrario, ma ora è abbastanza evidente che sono agli antipodi di Mister Wolf: non solo non risolvo problemi organicamente complessi, ma di qualsiasi caratura siano appena mi scivolano tra le mani in pratica diventano automaticamente insolubili



https://youtu.be/LQ7ziS_gs-A





mercoledì 22 giugno 2022

 Anche se probabilmente nel suo caso si trattava soltanto del classicissimo eccesso morboso di possessività, credo che Harry Dean Stanton sia l'unico personaggio ascrivibile tra i "maltrattanti" che in fin dei conti, grazie anche alla catarsi Wendersiana,  potrei perdonare. Nella vita e pure da lettore o spettatore appassionato di solito non sono così tollerante con certi individui. Per dire, se mio padre avesse avuto il vizio di essere manesco con mia madre , quasi sicuramente, previo invito a recarsi a un presidio psicologico, nel caso non avesse recepito lo stesso o avesse fatto orecchie da mercante sull'argomento, non so proprio cosa avrei potuto inventarmi per levarcelo di torno




https://youtu.be/OxlGioADs3I







lunedì 20 giugno 2022

 «Sono la coscienza senza sonno, il sonno vuoto e calmo senza lo scherzo, lo scherno, lo sforzo del risveglio, il piacere fuori da avare concessioni.


Sono l’altalena perenne, l’imperturbabile dondolio di ciò che è vivo e vive tra le cose morte, mai in affare coi perduti. Mai in affare con la mente sinistra che trattiene e nutre larve e chiama vita il cadavere che disseta e sfama obbedendo in ginocchio alla macchina abietta, alla voce senza volto che inibisce lo squittio del topo».



L’Impero che si tace


Ilaria Seclì


https://ercolani.art.blog/2022/06/19/limpero-che-si-tace/?fbclid=IwAR1bJvep_Uqf9FL3X09P6BVCuoIOs2q3e_QB4oQ--DoOqt3hNfYOMN5avwc




https://youtu.be/KY7mADbklbM





domenica 19 giugno 2022

 Vieni e placami questo Caos del tempo, come una volta,

Delizia della celeste musa, gli elementi hai conciliato!

Ordina la convulsa lotta coi tranquilli accordi del cielo,

Finché nel petto mortale ciò ch’è diviso si unisca,

Finché l’antica natura dell’uomo, la placida grande,

Fuor dal fermento del tempo, possente e serena si levi.

Torna nei miseri cuori del popolo, bellezza vivente,

Torna all’ospite mensa, nei templi ritorna!

Ché Diotima vive come i teneri bocci d’inverno,

Ricca del proprio spirito, pure ella cerca il sole.

Ma il sole dello spirito, il mondo felice è perito

E in glaciale notte s’azzuffano gli uragani.


 


 


Diotima -  Friedrich Holderlin





https://youtu.be/bfOENW9jOt4





sabato 18 giugno 2022

 «Senta, ma lei e Massimo non vi stancate mai di essere intelligentissimi a tutti i costi? Dev’essere pure una fatica»


«Una fatica che lei evita accuratamente»


«Eh si. L’intelligenza usata per ammazzare il tempo è…stronzismo»



dialogo tra il commissario e la Dossi ( la donna della domenica )



https://youtu.be/hH-KtyAQffM





venerdì 17 giugno 2022

 "Lo sforzo che si deve fare è guardare la realtà nei suoi termini più prosaici, nell'infinita gamma delle sue contraddizioni."



Walter Tobagi


http://www.ossimoro.it/tobagi.html


https://youtu.be/jadvt7CbH1o






giovedì 16 giugno 2022

 



La casa dell'agonia







Il visitatore, entrando, aveva detto certamente il suo nome; ma la vecchia negra sbilenca venuta ad aprire la porta come una scimmia col grembiule, o non aveva inteso o l’aveva dimenticato; sicché da tre quarti d’ora per tutta quella casa silenziosa lui era, senza piú nome, “un signore che aspetta di là”.

Di là, voleva dire nel salotto.

In casa, oltre quella negra che doveva essersi rintanata in cucina, non c’era nessuno; e il silenzio era tanto, che un tic-tac lento di antica pendola, forse nella sala da pranzo, s’udiva spiccato in tutte le altre stanze, come il battito del cuore della casa; e pareva che i mobili di ciascuna stanza, anche delle piú remote, consunti ma ben curati, tutti un po’ ridicoli perché d’una foggia ormai passata di moda, stessero ad ascoltarlo, rassicurati che nulla in quella casa sarebbe mai avvenuto e che essi perciò sarebbero rimasti sempre cosí, inutili, ad ammirarsi o a commiserarsi tra loro, o meglio anche a sonnecchiare.

Hanno una loro anima anche i mobili, specialmente i vecchi, che vien loro dai ricordi della casa dove sono stati per tanto tempo. Basta, per accorgersene, che un mobile nuovo sia introdotto tra essi.

Un mobile nuovo è ancora senz’anima, ma già, per il solo fatto ch’è stato scelto e comperato, con un desiderio ansioso d’averla.

Ebbene, osservate come subito i mobili vecchi lo guardano male: lo considerano quale un intruso pretenzioso che ancora non sa nulla e non può dir nulla; e chi sa che illusioni intanto si fa. Loro, i mobili vecchi, non se ne fanno piú nessuna e sono perciò cosí tristi: sanno che col tempo i ricordi cominciano a svanire e che con essi anche la loro anima a poco a poco si affievolirà; per cui restano lí, scoloriti se di stoffa e, se di legno, incupiti, senza dir piú nulla nemmeno loro.

Se mai per disgrazia qualche ricordo persiste e non è piacevole, corrono il rischio d’esser buttati via.

Quella vecchia poltrona, per esempio, prova un vero struggimento a vedere la polvere che le tarme fanno venir fuori in tanti mucchietti sul piano del tavolinetto che le sta davanti e a cui è molto affezionata. Lei sa d’esser troppo pesante; conosce la debolezza delle sue corte cianche, specialmente delle due di dietro; teme d’esser presa, non sia mai, per la spalliera e trascinata fuor di posto; con quel tavolinetto davanti si sente piú sicura, riparata; e non vorrebbe che le tarme, facendogli fare una cosí cattiva figura con tutti quei buffi mucchietti di polvere sul piano, lo facessero anche prendere e buttare in soffitta.

Tutte queste osservazioni e considerazioni erano fatte dall’anonimo visitatore dimenticato nel salotto.

Quasi assorbito dal silenzio della casa, costui, come vi aveva già perduto il nome, cosí pareva vi avesse anche perduto la persona e fosse diventato anche lui uno di quei mobili in cui s’era tanto immedesimato, intento ad ascoltare il tic-tac lento della pendola che arrivava spiccato fin lí nel salotto attraverso l’uscio rimasto semichiuso.

Esiguo di corpo, spariva nella grande poltrona cupa di velluto viola sulla quale s’era messo a sedere. Spariva anche nell’abito che indossava. I braccini, le gambine si doveva quasi cercarglieli nelle maniche e nei calzoni. Era soltanto una testa calva, con due occhi aguzzi e due baffetti da topo.

Certo il padrone di casa non aveva piú pensato all’invito che gli aveva fatto di venirlo a trovare; e già piú volte l’ometto si era domandato se aveva ancora il diritto di star lí ad aspettarlo, trascorsa oltre ogni termine di comporto l’ora fissata nell’invito.

Ma lui non aspettava piú adesso il padrone di casa. Se anzi questo fosse finalmente sopravvenuto, lui ne avrebbe provato dispiacere.

Lí confuso con la poltrona su cui sedeva, con una fissità spasimosa negli occhietti aguzzi e un’angoscia di punto in punto crescente che gli toglieva il respiro, lui aspettava un’altra cosa, terribile: un grido dalla strada: un grido che gli annunziasse la morte di qualcuno; la morte d’un viandante qualunque che al momento giusto, tra i tanti che andavano giú per la strada, uomini, donne, giovani, vecchi, ragazzi, di cui gli arrivava fin lassú confuso il brusío, si trovasse a passare sotto la finestra di quel salotto al quinto piano.

E tutto questo, perché un grosso gatto bigio era entrato, senza nemmeno accorgersi di lui, nel salotto per l’uscio semichiuso, e d’un balzo era montato sul davanzale della finestra aperta.

Tra tutti gli animali il gatto è quello che fa meno rumore. Non poteva mancare in una casa piena di tanto silenzio.

Sul rettangolo d’azzurro della finestra spiccava un vaso di gerani rossi. L’azzurro, dapprima vivo e ardente, s’era a poco a poco soffuso di viola, come d’un fiato d’ombra appena che vi avesse soffiato da lontano la sera che ancora tardava a venire.

Le rondini, che vi volteggiavano a stormi, come impazzite da quell’ultima luce del giorno, lanciavano di tratto in tratto acutissimi gridi e s’assaettavano contro la finestra come volessero irrompere nel salotto, ma subito, arrivate al davanzale, sguizzavano via. Non tutte. Ora una, poi un’altra, ogni volta, si cacciavano sotto il davanzale, non si sapeva come, né perché.

Incuriosito, prima che quel gatto fosse entrato, lui s’era appressato alla finestra, aveva scostato un po’ il vaso di gerani e s’era sporto a guardare per darsi una spiegazione: aveva scoperto cosí che una coppia di rondini aveva fatto il nido proprio sotto il davanzale di quella finestra.

Ora la cosa terribile era questa: che nessuno dei tanti che continuamente passavano per via, assorti nelle loro cure e nelle loro faccende, poteva andare a pensare a un nido appeso sotto il davanzale d’una finestra al quinto piano d’una delle tante case della via, e a un vaso di gerani esposto su quel davanzale, e a un gatto che dava la caccia alle due rondini di quel nido. E tanto meno poteva pensare alla gente che passava per via sotto la finestra il gatto che ora, tutto aggruppato dietro quel vaso di cui s’era fatto riparo, moveva appena la testa per seguire con gli occhi vani nel cielo il volo di quegli stormi di rondini che strillavano ebbre d’aria e di luce passando davanti la finestra, e ogni volta, al passaggio d’ogni stormo, agitava appena la punta della coda penzoloni, pronto a ghermire con le zampe unghiute la prima delle due rondini che avrebbe fatto per cacciarsi nel nido.

Lo sapeva lui, lui solo, che quel vaso di gerani, a un urto del gatto, sarebbe precipitato giú dalla finestra sulla testa di qualcuno; già il vaso s’era spostato due volte per le mosse impazienti del gatto; era ormai quasi all’orlo del davanzale; e lui non fiatava già piú dall’angoscia e aveva tutto il cranio imperlato di grosse gocce di sudore. Gli era talmente insopportabile lo spasimo di quell’attesa, che gli era perfino passato per la mente il pensiero diabolico d’andar cheto e chinato, con un dito teso, alla finestra, a dar lui l’ultima spinta a quel vaso, senza piú stare ad aspettare che lo facesse il gatto. Tanto, a un altro minimo urto, la cosa sarebbe certamente accaduta.

Non ci poteva far nulla.

Com’era stato ridotto da quel silenzio in quella casa, lui non era piú nessuno. Lui era quel silenzio stesso, misurato dal tic-tac lento della pendola. Lui era quei mobili, testimoni muti e impassibili quassú della sciagura che sarebbe accaduta giú nella strada e che loro non avrebbero saputa. La sapeva lui, soltanto per combinazione. Non avrebbe piú dovuto esser lí già da un pezzo. Poteva far conto che nel salotto non ci fosse piú nessuno, e che fosse già vuota la poltrona su cui era come legato dal fascino di quella fatalità che pendeva sul capo d’un ignoto, lí sospesa sul davanzale di quella finestra.

Era inutile che a lui toccasse quella fatalità, la naturale combinazione di quel gatto, di quel vaso di gerani e di quel nido di rondini.

Quel vaso era lí proprio per stare esposto a quella finestra. Se lui l’avesse levato per impedir la disgrazia, l’avrebbe impedita oggi; domani la vecchia serva negra avrebbe rimesso il vaso al suo posto, sul davanzale: appunto perché il davanzale, per quel vaso, era il suo posto. E il gatto, cacciato via oggi, sarebbe ritornato domani a dar la caccia alle due rondini.

Era inevitabile.

Ecco, il vaso era stato spinto ancora piú là; era già quasi un dito fuori dell’orlo del davanzale.

Lui non poté piú reggere; se ne fuggí. Precipitandosi giú per le scale, ebbe in un baleno l’idea che sarebbe arrivato giusto in tempo a ricevere sul capo il vaso di gerani che proprio in quell’attimo cadeva dalla finestra.



Luigi Pirandello




https://www.paginatre.it/online/la-casa-dellagonia-di-luigi-pirandello/



https://youtube.com/shorts/jzLl-Yf8Ugg?feature=share

https://youtu.be/ow-Cx9IX4So






mercoledì 15 giugno 2022

 "Gli adulti sono dati di fatto e misteri insondabili; gli adulti vanno e vengono, i loro visi appaiono e scompaiono, le stanze dove abitano esistono da sempre e insieme si producono per la prima volta nel momento stesso in cui tu, primo essere umano sulla terra, ne varchi la soglia. A volte sono passeggeri, a volte sono immutabili come le montagne. Non ti fai domande su di loro"



Città sommersa


 Marta Barone



https://www.criticaletteraria.org/2020/02/marta-barone-citta-sommersa-bompiani.html?m=1



https://youtu.be/h0waxrYZVOU







martedì 14 giugno 2022

 Ricordati del tuo creatore nei giorni della tua giovinezza


prima che vengano i giorni tristi


e giungano gli anni in cui dovrai dire:


«Non ci provo alcun gusto»,


prima che si oscuri il sole,


la luce, la luna e le stelle


e ritornino le nubi dopo la pioggia;


quando tremeranno i custodi della casa


e si curveranno i gagliardi


e cesseranno di lavorare le donne che macinano,


perché rimaste in poche,


e si offuscheranno quelle che guardano dalle finestre


e si chiuderanno le porte sulla strada;


quando si abbasserà il rumore della mola 


e si attenuerà il cinguettio degli uccelli


e si affievoliranno tutti i toni del canto;


quando si avrà paura delle alture


e degli spauracchi della strada;


quando fiorirà il mandorlo


e il cappero non avrà più effetto







Qoèlet, XII, 5 ( la bibbia )



https://www.doppiozero.com/capperi




https://youtu.be/xgMftdjnKpo





lunedì 13 giugno 2022

 Farfalla di sogno, assomigli alla mia anima, e assomigli alla parola malinconia. 



Wisława Szymborska



https://youtu.be/MJCiJC2MM5Q




domenica 12 giugno 2022

 Ho votato per i referendum ( quasi tutti no invero ) perché penso che se qualcuno ha fatto i calcoli sbagliati sul quorum e dovessero vincere tutti i si non mi perdonerei mai per aver contribuito al far west prossimo venturo che non tarderebbe a palesarsi ( poi ognuno è libero di farsi i suoi calcoli )



https://youtu.be/wIiYq-pxqC4





 Amo ciò che di tenace ancora sopravvive nei miei occhi, nelle mie camere abbandonate dove abita la luna, e ragni di mia proprietà, e distruzioni che mi sono care, adoro il mio essere perduto, la mia sostanza imperfetta.


Pablo Neruda


https://youtu.be/pq58CNtibA8




sabato 11 giugno 2022

 La volpe annuì. <<Tutta quella dispiego di tecnologie nelle grinfie di una banda di primati che, in termini di emozioni, sono appena più avanzati dei babbuini. Sono scimpanzé con i bulldozer, scimmie con le bombe. È una situazione pericolosa, ma va bene così: il pericolo è il profumo del cambiamento, e il cambiamento è l'imperioso richiamo del futuro. Eppure c'è speranza per noi in questo regno. Nel frattempo, il tuo clan va meglio che mai. Molto meglio. Visto che la tua fama si sta diffondendo perfino in America.>>

<<Ah!>> grugnì Tanuki. <<Con quello e duemila Yen ti ci puoi comprare una tazza di sakè.>>

<<Oh, mi dispiace. Che schifezza di ospite sono! Ma giuro che non ho una goccia in tutta la casa. Tutto ciò che posso offrirti, temo, è un pezzo avanzato di gufo.>>

Nella bocca dell'eterno affamato tasso/ cane/ procione, la saliva colava come uscita da una doccia. Ciononostante, disse: <<Non ti scomodare. Devo andarmene. Sto andando a un appuntamento>>.

<<Ah, capisco!Si, si. Devi incontrare qualcuno. Ricordo. Va avanti ancora, non è così? La tua più grande follia o il tuo più grande trionfo. Come dicono gli umani, solo il tempo lo dirà.>>

Tanuki grugnì di nuovo. <<Il tempo ha la bocca grande e il cervello piccolo.>>


<<Ben detto>>, disse Kitsune. <<Ben detto.>> Ridacchiarono insieme al pensiero dei grossi equivoci che circondano il fenomeno del tempo. Poi la volpe disse: <<Okay, tu sei Tanuki. Stai per fare ciò che stai per fare. Devo dire che ricordo Miho e la piccola Kazu con un certo affetto>>. Diede un colpetto con il muso al suo ospite. <<Vieni, ti accompagno fuori. Quando ritorni, ti farò trovare una bottiglia. E potremmo fare qualcosa di più produttivo che lamentarci degli esseri umani. Dovremmo seguire l'esempio degli dei, senza dubbio, e semplicemente ignorarli finché non rinsaviscono.>>

Tanuki stava per rispondere che era facile ignorare l'umanità quando ci si trovava nella Fortezza tra le Nuvole dell'Altro Mondo, ma venne improvvisamente colpito da quando era bella la giornata in questo mondo, e la lingua gli si bloccò per la gioia.

In tutta la radura, la distesa d'erba e il sole erano praticamente della stessa gradazione di giallo. Acquirenti dell'ultimo minuto affollavano i depositi di polline e quasi tutte le corolle dei fiori erano reclinate per il peso delle api. Una brezza appena tiepida scese dalla montagna come per un ultimo tuffo nel lago Biwa. Già arrossati da notti di preliminari, i rami, con ogni singola fogliame all'erta, attendevano l'eiaculazione trasformatrice del gelo. L'aria era resa muschiosa dalla sorte dei frutti caduti e dei funghi in disfacimento, frizzante per lo storico sforzo del raccolto e uno stormo di curvi ci svolazzava sopra, tormentando tutto e tutti con gli impenetrabili becchi. Nel volo, una brusca curva di lucente ebano, formava i baffi finti del mondo.




Tom Robbins



Villa Incognito



https://youtu.be/RQoX_LA8KM4




venerdì 10 giugno 2022

 "Non è la materia che genera il pensiero, è il pensiero che genera la materia”


 Giordano Bruno


https://youtu.be/v9z9fXABtmI









giovedì 9 giugno 2022

 Ieri ho visto "il cardellino", tratto da un bestseller di Donna Tartt. Complice il nome ( da cui sembrano riverberare echi edonistici degli anni 80 ), e la mia ignoranza, fino a ieri pensavo che fosse un'autrice in qualche modo assimilabile a liala o a quegli scrittori che senza aver scritto nulla di trascendentale sono sempre presenti in classifica in virtù di un ufficio stampa giusto e giuste parentele o comunque al massimo perché hanno avuto un esordio strepitoso a cui non  sono  riusciti a dare un seguito adeguato. Oggi non so se il fatto di averlo trovato discreto sia da attribuire all"appiattimento generale dell'arte, per cui è facile spiccare dalla massa pur volando basso, all'arrugginimento delle mie facoltà intellettive, questione su cui peraltro, a prescindere da ogni altro ragionamento, è pacifico non dubitare, o grazie alla presenza che aleggia su tutta l'opera dello strepitoso leggendario quadro di Fabritius




https://youtu.be/EikicSEKi4M




mercoledì 8 giugno 2022

 «...si fa largo

fra la folla, brandendo

un papavero...».



Kobayashi Issa  (1763-1828)



https://youtu.be/LGAyXyuRVBM





 



Se un uomo ha più di trent'anni ed è single ha qualcosa che non va. È darwiniano: la natura li elimina affinché non propaghino la specie.



Miranda Hobbes (Cynthia Nixon)


Sex and the City



https://youtu.be/GCeHLdilnls





martedì 7 giugno 2022

 Il senso di Billy per la neve ( e altre questioni anodine )


https://youtu.be/uUMSSora5gY





lunedì 6 giugno 2022

 "Dal troppo oro scoppiano le spighe;

gocce di papavero qua e là

e nel campo

una ragazza

con ciglia lunghe come spighe d’orzo"



( Lucian Blaga )





https://youtu.be/cvHPFfiv708






Fotografia: Mimmo Jodice






sabato 4 giugno 2022

 



Gente strana, che al passaggio lascia solo una scia di nebbia che prontamente svanisce. Con Hutte chiacchieravo spesso di questi esseri le cui orme si perdono. Nascono un bel giorno dal nulla e al nulla ritornano dopo un fugace brillio. Reginette di bellezza, gigolos, farfalle. La maggior parte, anche da vivi, non avevano più consistenza di un vapore destinato a non condensarsi mai. Hutte mi citava l'esempio di un tale che chiamava "l'uomo da spiaggia". Costui aveva passato quarant'anni della sua vita sulle spiagge o ai bordi delle piscine a conversare amabilmente con villeggianti e ricchi sfaccendati. Negli angoli e sugli sfondi di migliaia di fotografie di vacanze, lo si vede in costume da bagno tra gente allegra, ma nessuno potrebbe dirne il nome o il motivo per cui è lì. E nessuno si accorse di quando smise di comparire nelle fotografie. Non osavo dirlo a Hutte, ma credevo di essere io "l'uomo da spiaggia". Hutte d'altronde non si sarebbe meravigliato: secondo lui, lo siamo tutti, e la sabbia - cito le sue parole - "serba solo per qualche secondo le impronte dei nostri piedi".




Via delle botteghe oscure



Patrick Modiano



https://youtu.be/8-6e7SrB5-8



https://youtu.be/DRwMKPWnt1o






venerdì 3 giugno 2022

 "Non avevo ancora scavato le mie fondamenta e già mi credevo la statua di me stesso.”


Daniel Pennac




( La lunga notte del dottor Galvan )



https://youtu.be/3gUDMeIEMMI




giovedì 2 giugno 2022

 Un mare di gente a flutti disordinati s'è riversato nelle piazze, nelle strade e nei sobborghi. È tutto un gran vociare che gela il sangue, come uno scricchiolio di ossa rotte. Non si può volere e pensare nel frastuono assordante; nell'odore di calca c'è aria di festa.



Passeggio per i campi

con il cuore sospeso

nel sole.

Il pensiero,

avvolto a spirale,

ricerca il cuore

della nebbia.


Peppino Impastato


https://youtu.be/AW2h01-uYuM


https://youtu.be/0j3wHDMR7TU






mercoledì 1 giugno 2022

 2°


Don Chisciotte ha l’artrosi: il menisco del deserto

è pure una vergogna per il suo cammino e il suo bacile.

Come resero folli i suoi sogni i Libri della Cavalleria!*

Il suo cuore era miniato come i libri del Medioevo!

Le quattro labbra di Dulcinea come mulini a vento

furono il sudario di marmo delle sue imprese erotiche.

La finzione eretica fu il trionfo di Santa Clitoride.


Dulcinea, la Bella, soffriva di visioni in fotocopia,

fu una femmina fatale, cavaliera, esperta di aste armate.

Su una veronica tracciò i punti cardinali

—ah, anima candida! —dei suoi viaggi erogeni.

Pianse la Colomba nell’alcova – pietre!

Era tranquilla, statuaria come una Iside sedotta dai misteri,

lubrificava di continuo le sue quattro ali,

perché potessero le sue ginocchia sacrileghe

sollevare il Cavaliere in alto – pozzo o luna —

e abbattere i malleoli del suo Minotauro!


Antonio Sagredo




*Variante: per i suoi sogni, folli i Libri della cavalleria!


https://lombradelleparole.wordpress.com/2022/05/11/antonio-sagredo-poesie-da-cantos-del-moncayo-ediciones-olifante-zaragoza-2022-traduzione-in-spagnolo-di-manuel-martinez-forega-antonio-lopez-garcia-figure-in-una-casa-1967/





https://youtu.be/788VQ83cut4





 Non possiamo saperlo. Nessuno l’ha detto.


Forse là non c’è altro che una rete sfondata,


Quattro sedie spagliate e una vecchia ciabatta


Rosicchiata dai topi. C’è caso che Dio sia un topo


E che scappi a nascondersi appena arriviamo.


E c’è caso che invece sia la vecchia ciabatta


Rosicchiata e consunta. Non possiamo sapere.


Forse Dio ha paura di noi e scapperà, e a lungo


Noi dovremo chiamarlo e chiamarlo coi nomi più dolci


Per indurlo a tornare. Da un punto lontano


Della stanza lui ci fisserà immobile.


Forse Dio è piccolo come un granello di polvere,


E potremo vederlo soltanto col microscopio,


Minuscola ombra azzurra sul vetrino, minuscola


Ala nera perduta nella notte del microscopio,


E noi là in piedi, muti, sospesi a guardare.


Forse Dio è grande come il mare, e spumeggia e tuona.


Forse Dio è freddo come il vento d’inverno,


Forse ulula e romba come un rumore assordante,


E dovremo portare le mani alle orecchie,


Agghiacciati e tremanti, rimpiattendoci al suolo.


Non possiamo sapere com’è Dio. E di tutte le cose


Che vorremmo sapere, è la sola veramente essenziale.


Forse Dio è noioso, noioso come la pioggia,


E quel suo paradiso è una noia mortale.


Forse Dio ha gli occhiali neri, una sciarpa di seta,


Due volpini al guinzaglio. Forse ha le ghette,


Sta seduto in un angolo e non dice parola.


Forse ha i capelli tinti, ha una radio a transistor,


E si abbronza le gambe sul tetto d’un grattacielo.


Non possiamo sapere. Nessuno sa niente.


Forse appena arrivati ci manda allo spaccio


A comprargli del pane e salame ed un fiasco di vino.


Forse Dio è noioso, noioso come la pioggia


E quel suo paradiso è la solita musica,


Svolazzare di veli, di piume, di nuvole,


Un odore di gigli recisi, una noia di morte,


E ogni tanto una mezza parola per passare il tempo.


Forse Dio sono due, una coppia di sposi


Abbandonati al sonno ad un tavolo d’osteria.


Forse Dio non ha tempo. Ci dirà di andarcene


E tornare più tardi. Noi andremo a passeggio


Siederemo su di una panchina a contare i treni che passano,


Le formiche, gli uccelli, le navi. A quell’alta finestra,


Dio s’affaccerà a guardare la notte e la strada.


Non possiamo sapere. Nessuno lo sa.


C’è anche caso che Dio abbia fame e ci tocchi sfamarlo,


Forse muore di fame, e ha freddo, e trema di febbre,


Sotto una coperta sudicia, piena di cimici,


E dovremo correre in cerca di latte e di legna,


E telefonare a un medico, e chissà se subito


Troveremo un telefono, e il gettone, e il numero,


Nella notte affollata, chissà se avremo abbastanza denaro."





Natalia Ginzburg, in Paragone (1965)








https://youtu.be/LCvQlnJ0uZs