"C'era luce nella stanza della concierge. Io bussai e lei mi dette la posta. Le augurai buonanotte e salii di sopra. C'erano due lettere e dei giornali. Li guardai sotto la lampada a gas della sala da pranzo. Le lettere venivano dagli Stati. Una era un rendiconto di banca. Presentava un bilancio di 4l 2432,60. Tirai fuori il libretto degli assegni, sottrassi quattro assegni emessi dal primo del mese e trovai di avere un bilancio di 4l 1832,60. Scrissi la cifra a tergo del foglio. L'altra lettera era un annunzio matrimoniale. Il signore e la signora Aloysius Kirby annunciavano il matrimonio della figlia Caterina: non conoscevo né la ragazza né lo sposo. Dovevano aver riempito la città di annunzi. Era un nome buffo. Ero certo di potermi ricordare di chiunque avesse un nome come Aloysius. Era un buon nome cattolico. C'era uno stemma sull'annunzio. Come Zizi il duca greco. E quel conte. Il conte era buffo. Anche Brett aveva un titolo. Lady Ashley. All'inferno Brett. All'inferno Vossignoria, Lady Ashley. Accesi la lampada accanto al letto, spensi il gas e aprii la finestra. Il letto era lontano dalla finestra ed io con la finestra aperta mi sedetti sul letto e mi svestii. Fuori in strada un tram notturno correva sui binari, portava la verdura ai mercati. Facevano rumore la notte quando uno non poteva dormire. Spogliandomi mi guardai nello specchio del grande armadio oltre il letto. Questo era un tipico modo francese di arredare una stanza. Pratico anche, suppongo. Essere pieno di ferite. Suppongo che fosse buffo. Misi il pigiama e entrai a letto. Presi i giornali e strappai le fascette. Erano giornali di corride. Uno era arancione. L'altro giallo. Avevano tutti e due le stesse notizie, così bastava leggerne uno e l'altro diventava inutile. Le Toril era il migliore, così cominciai a leggerlo. Lo lessi da cima a fondo, compresa la Piccola Posta e gli Annunzi Economici. Spensi la lampada. Forse sarei riuscito a dormire. La mia testa cominciò a lavorare. La solita faccenda. Bene, era una lurida faccenda essere ferito durante la fuga, su un fronte da burla come quello italiano. Nell'ospedale italiano stavamo per formare un'associazione. Aveva un buffo nome italiano. Fu nell'Ospedale Maggiore di Milano, padiglione Ponte. L'edificio accanto era il padiglione Zonda. C'era una statua di Ponte. O forse era Zonda. Fu qui che il colonnello comandante del reggimento venne a visitarmi. Fu buffo. Fu almeno la prima cosa buffa. Io ero tutto bendato. Ma gli avevano detto come stava la cosa. Lui allora fece quel magnifico discorso: "Voi, uno straniero, un inglese" (ogni straniero era un inglese) "avete dato più della vostra vita". Che discorso! Avrei voluto averlo in cornice per appenderlo in ufficio. Non rise mai. Si metteva nei miei panni, immagino. "Che disgrazia" diceva "che disgrazia!"
Non ci ho ancora fatta l'abitudine, suppongo. Cerco solo di non occuparmene e di non aver pasticci con la gente. Probabilmente mai avrei avuto pasticci se non avessi incontrato Brett quando mi spedirono in Inghilterra. Suppongo che lei volesse solo quello che non poteva avere. Bene, la gente è fatta così. All'inferno la gente. La Chiesa cattolica aveva un modo assai buono di considerare tutta la faccenda. Buon sistema, ad ogni modo. Quello di non pensarci. Oh, un ottimo sistema. Provare per credere.
Giacevo sveglio a pensare e il cervello mi saltava in aria. Non riuscii a non pensarci, pensai a Brett e a tutto il resto che era stato. Pensavo a Brett, e il cervello smise di saltarmi in aria, cominciò dolcemente a navigare. Allora improvvisamente cominciai a piangere. Dopo un poco mi sentii meglio, rimasi disteso nel letto ascoltando i pesanti tram andare e venire giù nella strada, poi mi addormentai.
Mi svegliai. C'era chiasso sulle scale. Stetti ad ascoltare e mi sembrò di riconoscere una voce. Misi una vestaglia e andai alla porta. Al pianterreno la concierge parlava. Era molto infuriata.
Sentii fare il mio nome e chiamai giù.
"Siete voi, Monsieur Barnes?" la concierge gridò.
"Sì, sono io."
"C'è qui un tipo di donna che ha svegliato tutta la strada. Guardate se è un lavoro da fare a quest'ora di notte! Dice che deve vedervi. Io le ho detto che stavate dormendo."
Poi sentii la voce di Brett. Mezzo addormentato ero sicuro che si trattasse di Georgette. Non so perché. Georgette non poteva sapere il mio indirizzo.
"Volete farla venir su, per favore?"
Brett venne su. Vidi che era completamente ubriaca.
"Cosa idiota" disse. "Fare una scena simile. Dico, tu non stavi
mica dormendo, vero?"
"Che pensavi che stessi facendo?"
"Non so. Che ora è?"
Guardai l'orologio. Erano le quattro e mezzo.
"Non avevo idea che ora fosse" disse Brett. "Senti, mi posso sedere? Non essere in collera, tesoro. Ho lasciato il conte adesso.
Mi ha portata qui."
"Che tipo è?" Stavo prendendo i bicchieri e la bottiglia del brandy.
"Solo un poco" disse Brett. "Non cercare di ubriacarmi. Il conte?
Oh, mica male. E' proprio uno dei nostri."
"E' un conte?"
"E' almeno come se lo fosse. Io credo che lo sia, sai. Merita di esserlo, ad ogni modo. Sa tutto quello che bisogna sapere sulla gente. Non so dove ha imparato tante cose. Ha un circuito di pasticcerie negli Stati."
Mise la cannuccia nel bicchiere e succhiò.
"Pensa che l'ha chiamato un circuito. Qualcosa del genere. Tutte collegate una con l'altra. Me ne ha parlato un poco. Maledettamente interessante. E' uno dei nostri, però. Sul serio si può dire che è uno dei nostri."
Prese un altro sorso.
"Questo è il mio pane" disse. "Ci sto bene in queste cose. Non ti dispiace, vero? Sai, lui è occupato con Zizi."
"E' davvero un duca anche Zizi?"
"Non mi stupirebbe. Greco, sai. Infame pittore. Mi piace di più il conte."
"Dove sei stata con lui?"
"Oh, dappertutto. Mi ha portata qui adesso. Mi ha offerto diecimila dollari per andare a Biarritz con lui. Quanto è in sterline?"
"Duemila circa."
"Un sacco di soldi. Io gli ho detto che conoscevo troppa gente a Biarritz." Rise.
"Dico, come sei lento" disse. Io avevo appena toccato il mio brandy. Ne bevvi un gran sorso.
"Così va meglio" disse Brett. "Molto buffo. Allora lui voleva che andassi a Cannes con lui. Gli ho detto che conoscevo troppa gente a
Cannes. Monte Carlo. Gli ho detto che conoscevo troppa gente a Monte Carlo. Gli ho detto che conoscevo troppa gente dappertutto. Ed è vero, anche. Così gli ho chiesto di portarmi qui."
Mi guardò, con una mano sul tavolo, tenendo il bicchiere. "Non fare quella faccia" disse. "Gli ho detto che sono innamorata di te. Ed è vero, anche. Non fare quella faccia. Lui è stato molto carino. Ci vuole a pranzo con lui domani sera. Ne hai voglia?"
"Perché no?"
"Adesso è meglio che vada."
"Perché?"
"Volevo solo vederti. Un'idea così. Vuoi vestirti e venir giù? Lui è giù in strada con la macchina."
"Il conte?"
"Lui. Con la macchina e lo chauffeur in livrea. Vuol portarmi a far colazione al Bois. Panieri di roba. Preso tutto da Zelli. Dozzine di bottiglie di Mumms. Ti tenta?"
"Ho da lavorare nella mattinata" dissi "e sono troppo indietro rispetto a voi per raggiungervi ormai più. Non sarei divertente."
"Non far lo scemo."
"Non posso."
"Bene. Gli invii un tenero messaggio?"
"Niente."
"Buonanotte, tesoro."
"Non fare la sentimentale."
"Sei tu che mi rovini."
Ci baciammo per darci la buonanotte e Brett rabbrividì. "Meglio che vada" disse. "Buonanotte, tesoro."
"Nessuno ti obbliga ad andar via."
"Sì, devo."
Ci baciammo ancora sulle scale e quando io chiamai con il cordone, la concierge di dietro la porta borbottò qualche cosa. Rientrai in casa e dalla finestra aperta vidi Brett traversare la strada verso la grossa limousine ferma all'angolo, sotto il lampione. Brett entrò e l'auto partì. Mi voltai. Sul tavolo c'erano un bicchiere vuoto e un bicchiere semipieno di brandy. Li portai in cucina e vuotai il bicchiere semipieno nel lavandino. Spensi il gas in camera da pranzo,
seduto sul letto buttai via le pantofole, poi entrai sotto le lenzuola. Questa era Brett, quella per cui ero stato capace di piangere. Pensai allora a Brett che traversava la strada e saliva in macchina, come l'avevo vista l'ultima volta, e dopo un attimo, naturalmente, di nuovo mi sentii l'inferno dentro. E' straordinariamente facile fare il superiore su ogni cosa di giorno, ma di notte è un'altra faccenda."
FIESTA
Ernest Hemingway
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